Benedetto XVI e Napolitano: totale convergenza |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions È un continuo alternarsi di sole e pioggia che fa da cornice all’incontro tra Benedetto XVI e Napolitano. Il protocollo è più snello. Non c’è, ad esempio, il tappeto rosso ad accogliere Benedetto XVI, come è prassi per la visita dei capi di Stato Esteri. Non c’è nemmeno il picchetto d’onore di corazzieri a cavallo ad attenderlo. Ci sono, però, i corazzieri che accompagnano l’auto del pontefice a Cavallo dal Campidoglio al Quirinale. Sul Torrino (la torre della residenza presidenziale, dove svettano la bandiera della presidenza della Repubblica, quella tricolore e il vessillo europeo) c’è un piccolo cambiamento: la bandiera del presidente è stata spostata al centro, appena sotto il tricolore. Al suo posto, c’è il vessillo di Città del Vaticano, che viene issato quando il Papa varca la soglia del Palazzo. Il Papa arriva preceduto dai corazzieri: ad attenderlo, il presidente Napolitano, in piedi davanti, la banda dell’esercito, ... ... e un picchetto d’avieri. Precedono l’auto del Papa, le macchine del suo seguito. Che è nutrito: oltre al segretario di Stato, il cardinal Bertone, c’è il cardinal Bagnasco, presidente della Cei; il cardinal Vallini, il vicario del Papa per la diocesi di Roma, che Napolitano ha ricevuto personalmente due giorni fa; il “ministro degli Esteri” pontificio, mons. Mamberti; il cardinal Giovanni Lajolo, presidente della Pontificia Commissione per la Città del Vaticano. E ovviamente, padre Georg Gaenswein, l’assistente personale del pontefice. Che lo precede all’uscita dell’auto, e gli sistema la stola con cura prima che Bendetto XVI stringa la mano al presidente. Ad accogliere il Papa ci sono anche i presidenti emeriti della Repubblica Scalfaro e Ciampi. Con Ciampi, Benedetto si sofferma un po’ di più, a testimonianza del rapporto informale tra i due. Benedetto XVI e Napolitano stanno a colloquio privato per più di mezzora, seduti su poltrone dorate nella Sala delle Vetrate, dove di solito avvengono le consultazioni di governo. Alla fine dell’incontro, si aggiunge Clio Napolitano: il clima è cordiale, sereno. I due seguiti si incontrano nella Sala Napoleonica, Poi, qualche minuto di preghiera nella Cappella dell’Annunziata Si passa nella Sala delle Feste (sala del Concistoro, quando il Quirinale era residenza papale) e c’è lo scambio di doni: il Papa regala al presidente ''Civitas Vaticana'', la nuova pianta della Città del Vaticano incisa e stampata a mano secondo i procedimenti calcografici tradizionali, realizzata dalla Biblioteca apostolica vaticana, e la autografa; Napolitano ricambia con una scatola d’argento raffigurante il portale del Quirinale. I DISCORSI - Laicità dello Stato, dignità umana, emergenza educativa. Sono i temi che compaiono sia nel discorso di Benedetto XVI che in quello di Giorgio Napolitano. Non è prassi che le delegazioni si scambino i discorsi prima, e non è successo in questo caso. Il fatto che i discorsi siano quasi speculari è il sintomo di una particolare convergenza. Laicità dello Stato - Benedetto XVI ha lanciato il tema del ruolo pubblico nella religione negli Stati Uniti, e lo ha ripreso in Francia, dove Sarkozy ha teorizzato una “laicità positiva”. Nel suo discorso, auspica che “le comunità cristiane e le molteplici realtà ecclesiali italiane sappiano formare le persone, in modo speciale i giovani, anche come cittadini responsabili e impegnati nella vita civile”. Allo stesso tempo, il Papa si augura “che l’apporto della comunità cattolica venga da tutti accolto con lo stesso spirito di disponibilità con il quale viene offerto. Non vi è ragione di temere una prevaricazione ai danni della libertà da parte della Chiesa e dei suoi membri, i quali peraltro si attendono che venga loro riconosciuta la libertà di non tradire la propria coscienza illuminata dal Vangelo”. Napolitano è sulla stessa linea d’onda. Ricorda la distinzione, richiamata a Parigi da Bendetto XVI, tra “il politico e il religios”. Questa distinzione, aggiunge, “conforta la convinzione, da tempo affermatasi in Italia, che il senso della laicità dello Stato, quale si coglie anche nel dettato della nostra Costituzione, abbraccia il riconoscimento della dimensione sociale e pubblica del fatto religioso, implica non solo rispetto della ricerca che muove l’universo dei credenti e ciascuno di essi, ma dialogo. Un dialogo fondato sull’esercizio non dogmatico della ragione, sulla sua naturale attitudine ad interrogarsi ed aprirsi”. L’importanza della storia - Benedetto XVI non dimentica che il Quirinale è stato residenza dei Papi. Lo ricorda, anche perché “in un certo momento della storia questo palazzo diventò quasi un segno di contraddizione, quando, da una parte, l’Italia anelava a comporsi in uno Stato unitario e, dall’altro, la Sanata Sede era preoccupata a garantire la propria indipendenza a garanzia della propria missione universale”. Anche Napolitano ricorda che il Quirinale è un Palazzo che ha “conosciuto le ferite della storia”, ma plaude alla collaborazione per “la ricerca di risposte comuni ai problemi del nostro tempo”. Sintonia su ogni fronte - Il Capo dello Stato premette di “muoversi sempre in piena aderenza ai principi della Costituzione”. E dice di condividere, del Papa, “il suo costante, vigile richiamo a principi di giustizia nella distribuzione della ricchezza e delle opportunità di sviluppo, di fronte al premere delle disuguaglianze e delle povertà”, e poi delle guerre. Cosa fare? Per Napolitano si deve prima consolidare “la pace e la cooperazione tra gli Stati e tra i popoli”, secondo “un disegno caro a Lei non meno che a noi”: quello dell’Europa Unita. Ma serve anche i rispetto della dignità umana. Che si traduce “nella grande conquista del superamento del razzismo: di qui l’allarme per il registrarsi in diversi Paesi di nuove manifestazioni preoccupanti, mentre nulla può giustificare il disprezzo e la discriminazione razziale”. Sono passaggi che ricalcano, con citazioni testuali, un discorso del Papa a Castel Gandolfo. Napolitano parla di emergenza educativa. “Superare quell’emergenza – dice – è nostra comune responsabilità, su diversi terreni, se siamo convinti che si debba suscitare nel mondo d’oggi una grande ripresa di tensione ideale e morale. Non vediamo forse perfino negli avvenimenti che stanno scuotendo le fondamenta dello sviluppo mondiale i guasti di una corrosiva caduta dell’etica nell’economia e nella politica"? Chiesa e società civile - Da parte sua, il Papa risponde (idealmente) parlando di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, di cui ieri si celebrava la ricorrenza: è lui il modello “di quella che è la perenne missione della Chiesa, pure nel suo rapporto con la società civile. La Chiesa, nell’epoca attuale di profonde e spesso sofferte mutazioni, continua a porre a tutti il messaggio di salvezza del Vangelo, e si impegna a contribuire all’edificazione di una società fondata sulla verità e sulla libertà, sul rispetto della vita e della dignità umana, sulla giustizia e sulla solidarietà sociale”. Lo fa, spiega il Papa, senza proporsi mire di potere, né pretendere privilegi o aspirare a vantaggi di tipo economico e sociale. Ma lo fa anche in molte forme, “essendo una realtà al tempo stesso spirituale e visibile, nella quale i membri hanno vocazioni, compiti e ruoli diversificati”. E, aggiunge, “particolare sensibilità essa avverte nei confronti delle nuove generazioni: con urgenza, infatti, emerge il problema dell’educazione”. Articolo del dott. Andrea Gagliarducci ( Esta dirección de correo electrónico está protegida contra los robots de spam, necesita tener Javascript activado para poder verla ) |
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