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Bagnasco: libertà religiosa, famiglia, bioetica. Sulla scia di Ratzinger PDF Stampa E-mail

Bagnasco: libertà religiosa, famiglia, bioetica. Sulla scia di Ratzinger Un lungo passaggio dedicato alla “pulizia religiosa” di cui sono vittime i cristiani in India. Subito dopo, parla del “calvario dei cristiani in Iraq”. Infine,  il legame tra questi fatti e la questione della libertà religiosa: non come valore aggiunto, facoltativo, di uno stato democratico, ma come elemento fondante di tutte le libertà e “criterio ultimo di salvaguardia delle stesse”. Sono i passaggi fondamentali della prolusione al Consiglio Permanente della Cei del cardinal Bagnsco. Il tema della libertà religiosa e soprattutto del ruolo pubblico della religione è fondante nel dibattito di questi ultimi tempi. Benedetto XVI ci è tornato più volte: prima nel viaggio negli Stati Uniti (i quali, per come è strutturata la loro democrazia, rappresentano un esempio di laicità positiva), poi nel viaggio in Francia, dove il Papa si è confrontato con una società, quella francese, che non ama sentire l’ingerenza della religione,...

... e che ha dal 1905 una legge detta “legge sulla laicità”, che separa nettamente il piano religioso dal piano politico. Il tema è stato rimpallato da Bagnasco. Che già al meeting Cl di Rimini ha fatto notare come la Chiesa debba stare nel dibattito politico. E che anche nella prolusione ha rivendicato per la Chiesa Cattolica un ruolo importante nel dibattito.

L’occasione è stata proprio il commento della situazione indiana, che si è andata aggravando sempre di più. Lì, il massacro dei cristiani ha un motivo profondo: il fatto che la Chiesa si sia molto impegnata in India per migliorare la condizione della casta più bassa della società indiana. E per questo si è resa colpevole di ledere all’equilibrio sociale. E poi, a stretto giro, Bagnasco ha sottolineato il calvario iracheno, ricordando l’arcivescovo di Mosul, ucciso lo scorso anno.

Già questa scelta è stata andare controcorrente rispetto al silenzio imperante sui media riguardo queste due vicende. Ma subito dopo ha fatto di più: ha connesso questi due episodi alla questione della libertà religiosa. “Ecco perché – ha detto Bagnasco - ci piacerebbe che dalla classe politica come da parte degli intellettuali e dell’opinione pubblica, venisse rivolta una nuova, vigorosa attenzione al tema della libertà religiosa quale caposaldo della civiltà dei diritti dell’uomo e come garanzia di autentico pluralismo e vera democrazia. Forse che, alla luce anche degli eventi più recenti, non ha ragione Alexis de Tocqueville ad asserire «che il dispotismo non ha bisogno della religione, la libertà e la democrazia sì» (in “La democrazia in America” I, 9)? La libertà religiosa infatti non è un optional più o meno gentile che gli Stati concedono ai cittadini più insistenti, né una concessione paternalisticamente riconducibile al principio della tolleranza. È piuttosto il caposaldo delle libertà ed il criterio ultimo di salvaguardia delle stesse, in quanto iscritto nello statuto trascendente della persona e nella indisponibilità di questa rispetto a qualsiasi regime e a qualsiasi dottrina”.

La citazione di Toqueville inserita nel discorso è di stampo ratzingeriano: quando era cardinale, Benedetto XVI dimostrò di apprezzare largamente il lavoro di Toqueville sulla democrazia in Europa, ponendolo a caposaldo del suo pensiero sull’Europa. E la connessione con Benedetto XVI arriva poco dopo, quando Bagnasco ricorda il discorso del Santo Padre all’Eliseo: “Osservava, nel suo recente viaggio in Francia, Benedetto XVI: «Quando il cittadino europeo vedrà e sperimenterà personalmente che i diritti inalienabili della persona umana, dal concepimento fino alla morte naturale, come anche quelli relativi all’educazione libera, alla vita familiare, al lavoro, senza dimenticare naturalmente i diritti religiosi, quando dunque il cittadino europeo si renderà conto che questi diritti, che costituiscono un tutto indissolubile, sono promossi e rispettati, allora comprenderà pienamente la grandezza dell’edificio dell’Unione e ne diverrà un attivo artefice» (discorso all’Eliseo, 12 settembre 2008)”.

Allo stesso tempo, Bagnasco rinvia al mittente qualunque accusa di interventismo, perché “resta aperto il problema di un certo sguardo laico sulla Chiesa, e di che cosa questo sguardo più ispido, tra altri sguardi, riesce a vedere in noi e nella comunità cristiana. Non ci sfuggono taluni discorsi”. Ma la Chiesa non deve tacere, perché ha a che fare con la gente. Lo ha detto a Rimini, lo dice di nuovo al Consiglio Permanente: “L’esperienza che ci viene dai contatti quotidiani ci dice che la gente avverte sulla scena politica una certa voglia di fare, ad esempio per colmare gli scarti infrastrutturali e per risolvere alcune emergenze aperte, ma per ora non si attenua la percezione di impoverimento di cui si è detto in precedenti occasioni”.

La situazione dell’Italia si divide così: positiva la riforma federalista, positivo il giudizio sugli “scenari più sereni che sembrano profilarsi sul fronte della giustizia”, più che positivo il giudizio sulla riforma scolastica, nel quale “si stanno mettendo in campo innovazioni e recuperi volti a dare una maggiore credibilità ed efficacia all’istituzione ai suoi operatori; giudizio sospeso per quanto riguarda le politiche famigliari (e la famiglia, ribadisce Bagnasco con il Papa, “è la cellula primordiale, lo zoccolo solido sul quale poggia l’intera società”). In attesa di una nuova generazione di laici cristiani impegnati (sulla scia dell’appello del Papa da Cagliari), resta critica invece la situazione immigrazione. “Su questo fronte – nota Bagnasco – nell’ultimo periodo stanno emergendo qua e là dei segnali di contrapposizione anche violenta che sarà bene da parte di collettività a vari livelli non sottovalutare”. Il timore, ma Bagnasco non lo vuole credere, è che si tratti “di una regressione culturale in atto, ma motivi di preoccupazione ce ne sono, talora anche allarmi, che occorre saper elaborare in vista di risposte sempre civili, per le quali il pubblico dibattito deve lasciar spazio alla ricerca di rimedi sempre compatibili con la nostra civiltà”.

Infine, il caso di Eluana Englaro: la sentenza che permette di sospendere l’alimentazione alla donna di Lecco che vive in coma vegetativo da ormai sedici anni. Il mondo cattolico si è spaccato, tra chi pensa che a questo punto è necessaria una legge sul fine vita, per regolamentare la questione e mettere in chiaro il no all’eutanasia, e chi pensa che questo sarebbe solo un’apertura verso il testamento biologico. Bagnasco punta ad una legge, per evitare di aprire la strada all’interruzione legalizzata del nutrimento vitale. “Si è imposta così – dice Bagnasco – una riflessione nuova da parte del Parlamento nazionale, sollecitato a varare, si spera col concorso più ampio, una legge sul fine vita che, riconoscendo valore legale a dichiarazioni inequivocabili, rese in forma certa e esplicita, dia allo stesso tempo tutte le garanzie sulla presa in carico dell’ammalato, e sul rapporto fiduciario tra lo stesso e il medico, cui è riconosciuto il compito di vagliare i singoli atti concreti e decidere in scienza e coscienza”.

Articolo del dott. Andrea Gagliarducci ( Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo )

 
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