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Siri visto da vicinoSevero, austero, conservatore. La vulgata ha dato del cardinal Siri, arcivescovo di Genova per oltre quarant’anni, più volte dato per probabile Papa, un ritratto spigoloso e duro. Ma Benny Lai, che insieme ad Annamaria Scavo firma il libro Giuseppe Siri. Le sue immagini e le sue parole (De Ferrari editore) ne dà un ritratto diverso. E senz’altro più veritiero. Vaticanista di lungo corso, Benny Lai ha avuto una frequentazione costante con il cardinal Siri. Che non parlava con i giornalisti, e “qualche volta avrebbe fatto meglio a non parlarci”, ricorda scherzosamente il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi alla presentazione del libro, riferendosi all’intervista che concesse prima del secondo conclave del 1978. Intervista che, secondo gli accordi, sarebbe dovuta essere pubblicata solo a conclave iniziato. E invece fu pubblicata prima, facendo crollare le quotazioni di Siri per il pontificato. Benny Lai ha raccolto oltre otto ore di registrazione con il cardinal Siri, dal 1980 al 1987:

Siri gli racconta la sua vita, le sue origini, il suo periodo a Roma, le sue attività a Genova. Ne esce fuori il ritratto di un vescovo che ama la sua Chiesa, e la difende fino in fondo. Anche con la forza delle idee: quando Montini gli fa notare che è inevitabile una esperienza di governo socialista, lui fa notare che niente è inevitabile, e dipende solo dagli uomini, e che se il cardinal Montini lo dichiara pubblicamente allora diventa più probabile, perché tutti lo crederanno possibile. Ma è anche una persona concreta, vicina agli operai, che si dà da fare anche perché il seminario abbia un allevamento di maiali, che lui ritiene importante.

Pratico, vicino alla sua diocesi, eppure fermo nella dottrina. Benny Lai fa sentire una delle registrazioni da cui ha tratto il libro, che è praticamente un’autobiografia di Siri. E si ascolta la voce ferma, calma e scandita di Siri che racconta come fu candidato in tutti i conclavi nei quali partecipò come cardinale. Ma lui, nel 1958 e nel 1963, rifiutò la possibile candidatura: non si sentiva all’altezza. Un rimorso che gli è rimasto, perché sa – e lo dice con una certa esitazione – che alcuni “errori” non li avrebbe fatti.. Errori che anche papa Benedetto XVI non manca di rimarcare: sulla liturgia, sull’idea che il Concilio sia rottura. E infatti Siri dice di essere “lieto che il cardinale Ratzinger sia entrato nel sacro collegio: dice le stesse cose che dico io. Ma alcune io le ho dette prima”.

E poi, il ruolo dei movimenti, con una particolare attenzione verso Comunione e Liberazione (“sono la nuova Azione Cattolica”); la paternità della Ostpolitik (la politica rivolta a Est), che il cardinal Siri rivendica a sé: fu tra i primi a viaggiare in Russia, ad aprire la strada per il dialogo.

Il tutto raccontato con una grande semplicità di linguaggio. Il senatore a vita Giulio Andreotti, ex ragazzo Fuci, ricorda gli interventi di Siri alle Settimane di Camaldoli, quando “la teologia diventava semplice come la cronaca”, e quando “le sue meditazioni, sempre brevi, lasciavano nella mente di noi giovani concetti da portare a casa. Non volevamo finissero mai”. E ricorda come “nel luglio del 1943, il cardinale Siri, durante le settimane di Camaldoli, senza parlare di politica, diede l’interpretazione storica di una delle fasi più delicate della storia d’Italia”.

C’è un particolare da notare: che Siri fu consulente di ben tre Papi, e non di uno solo. E lo fece sempre rimanendo nella sua Genova, da lontano, cosa insolita e quanto mai rara nella storia della Chiesa. Segno dell’importanza che il cardinale ha esercitato nella vita della Chiesa.

Eppure, alla figura austera fanno da contraltare le foto, raccolte da Annamaria Scavo: foto nelle quali il cardinale Siri appare sempre sorridente, il che contrasta con una immagine piuttosto stereotipata che ce ne è stata fornita.

Articolo del dott. Andrea Gagliarducci ( Esta dirección de correo electrónico está protegida contra los robots de spam, necesita tener Javascript activado para poder verla )

 
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