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Evoluzionismo e creazionismo: sviluppi del dibattitoLa Chiesa di Inghilterra si è prodotta in una richiesta di scuse a Charles Darwin per essersi opposta alla sua teoria sull’evoluzione quando L’origine delle specie fu pubblicato 150 anni fa. La Chiesa Cattolica dichiara, per conto suo, che non c’è nessuna necessità di chiedere scusa per la sua iniziale ostilità nei confronti della teoria. Entrambe, però, non sono del tutto in linea con la teoria, e sono attive nel presentare la loro interpretazione dei fatti, che non sia incompatibile con la fede cristiana. Il prossimo anno ci sarà un doppio anniversario: il duecentesimo della nascita di Darwin e il centocinquantesimo della pubblicazione dell’Origine delle Specie, ed è il momento giusto per riaprire il dibattito sull’evoluzione. Anche perché l’evoluzione è diventato un argomento di dibattito pubblico sempre più controverso, specialmente negli Stati Uniti: lì il dibattito è dominato dai Protestanti creazionisti, i più conservatori, e quelli che sostengono l’ “intelligent design”, ...

... il disegno intelligente che avrebbe fatto sviluppare le specie così come sono, e poi gli scienziati agnostici/atei dall’altro. Un dibattito vivo nella politica statunitense – l’ultimo capitolo è stato sulle idee sul creazionismo di Sarah Palin, candidato repubblicano alla vicepresidenza – così tanto che sembra lontano un modo più polarizzato di vedere le cose.

Un dibattito vivo nella Chiesa. In principio fu il cardinale Cristoph Schoenbern. Che, il 7 luglio del 2005, pubblicò sul New York Times un articolo sull’evoluzionismo. Spiegando che “l’evoluzione nel senso di una comune discendenza può essere vera, ma l’evoluzione nel senso neo-darwiniano – intesa cioè come processo di variazione causale e selezione materiale – non lo è”. E aggiungendo che “un sistema di pensiero che neghi o tenti di confutare la palmare evidenza di un disegno biologico è ideologia, non scienza”. Oggi, c’è la sociologa Rosa Alberoni che difende il neocreazionismo nel suo ultimo libro Il Dio di Michelangelo e la barba di Darwin (Rizzoli). C’è Harun Yahya, il cui vero nome è Adnan Oktar, musulmano, che ha cominciato un monumentale Atlante della creazione (il primo volume è stato edito in italiano da Global Publishing) tutto teso a confutare le tesi dell’evoluzionismo. C’è Massimo Piattelli Parlmarini, che – insieme all’americano Jerry Fodor, integralmente ateo e razionalista – ha in cantiere un libro che, spiega lui stesso, “consiste semplicemente nell’allineare dati e considerazioni sviluppate dai più qualificati biologi e genetisti degli ultimi anni”.

Più che una lotta scientifica, appare come una lotta contro un’ideologia. Una lotta trasversale. Nel mondo cattolico, si pensava che la teoria dell’evoluzione fosse stata definitivamente sdoganata da un intervento del 1996 di Giovanni Paolo II alla Pontificia Accademia delle Scienze. Wojtila premetteva che già “il mio predecessore Pio XII aveva già affermato che non vi era opposizione fra l’evoluzione e la dottrina di fede sull’uomo e sulla sua vocazione, purché non si perdessero di vista alcuni punti fermi”; ma concludeva: “le teorie dell’evoluzione, come le forze che le ha ispirate, considerano lo spirito come emergente dalle forze della materia viva o come un semplice epifenomeno di questa materia, sono incompatibili con la verità dell’uomo. Esse sono inoltre incapaci di fondare la dignità della persona”.

Sotto accusa è soprattutto una deriva materialistica del darwinismo. Harun Yahya, nel suo Atlante, raccoglie le foto di centinaia di migliaia di fossili la cui struttura è rimasta invariata nel corso degli anni, e accusa la teoria della selezione naturale di essere alla base dei totalitarismi. Come quello nazista, strutturato sulla selezione della razza ariana. E ricorda come lo stesso Darwin aveva messo in luce il problema degli anelli mancanti nel suo L’origine delle specie. Gli anelli mancanti sono le specie di transizione nel cammino dell’evoluzione, ma nessun fossile ne ha provato l’esistenza: sono stati riconosciuti come falsi il Pitecanthropus erectus, scoperto sull’isola di Giava alla fine del XIX secolo, che si è rivelato composto da una calotta cranica fossile di un gibbone (una specie di scimmia) e un femore umano ritrovato a quattordici metri di distanza; l’uomo di Piltodown, che alla fine si è scoperto essere composto da un cranio del pleistocene e una moderna mandibola di scimmia; i fossili di rettili e uccelli, come l’Uccellosauro presentato sul National Geographic un po’ di anni fa. Lo stesso Darwin, nella sua opera successiva (Le origini dell’uomo, 1871), scriveva che nelle Origini della specie aveva probabilmente “attribuito troppo all’azione della selezione naturale e della sopravvivenza del più adatto”.

In realtà, non è in discussione un principio generalissimo della teoria, secondo il quale, in popolazioni di entità che autoriproducono nel tempo (come i batteri, le api e i ratti) o vengono riprodotte da qualcosa o qualcuno, alla lunga i portatori di caratteri che accelerano il loro tasso di riproduzione si diffonderanno, a scapito di coloro che non li portano. È un principio universale, che però i neodarwiniani usano come grimaldello contro chiunque vada a criticare il fatto che questo principio non basti a spiegare tutte le forme viventi. Eppure ci sono difficoltà scientifiche.Una è quella che non si può spiegare l’evoluzione di un singolo componente di ogni organismo senza intaccare il tutto. E così, nel fringuello una mutazione che altera la funzione della metà superiore del becco si trascina dietro cambiamenti congrui delle ossa del cranio, la parte inferiore del becco, i muscoli del collo e i nervi. Un caso che ribadisce la coordinazione tra le diverse parti dell’organismo vivente. E che va contro la possibilità, per il caso, di selezionare e affinare separatamente ogni organo. Un’altra difficoltà è fisica: è stato matematicamente dimostrato che le comunicazione dei vasi sanguigni di tutte le specie sono organizzate secondo la legge particolare dei frattali perfetti. Cioè: la rete minimizza i costi del trasporto e ottimizza gli scambi. Soluzioni che non possono essere state selezionate selettivamente a partire da tentativi a casaccio.

C’è, però, ancora una certa riserva della comunità scientifica a parlare liberamente della questione. Viene fuori, allora, il sospetto della deriva ideologica. Che partirebbe da lontano, da un carteggio di Marx e Engels, i fondatori del comunismo. Engels a Marx: “Questo Darwin che sto leggendo è formidabile. Un certo aspetto della teologia non era ancora stato liquidato. Adesso è cosa fatta”. Marx a Engels: “Queste ultime settimane ho letto il libro di Darwin. Nonostante il suo modo di procedere un po’ pesante, questo libro contiene il fondamento scientifico per la nostra causa”.

Ora, il Vaticano ha annunciato una conferenza per il prossimo marzo sull’evoluzione, con scienziati, teologi e filosofi. Ha detto monsignor Ravasi, ministro della Cultura vaticano, ha ribadito che “non c’è incompatibilità tra la teoria dell’evoluzione e il messaggio della Bibbia e della teologia”. Sulla richiesta di scuse della Chiesa anglicana, ha commentato: “Forse dovremmo abbandonare l’idea di portare avanti richieste di scuse come se la storia fosse una corte di giustizia sempre attiva. Darwin non è mai stato condannato dalla Chiesa cattolica, né il suo libro è stato mai bandito. È curiosa e significativa l’attitudine della Chiesa anglicana, lo stile viene da una mentalità diversa dalla nostra”.

E il professor Philip Sloan, dell’Università di Notre Dame (università che co-ospiterà la conferenza insieme alla Gregoriana di Roma) ha posto la questione così: “Negli Stati Uniti, e ora ovunque, abbiamo un continuo dibattito pubblico sull’evoluzione, che ha dimensioni sociali, politiche e religiose. Buona parte del dibattito ha avuto parte senza una forte presenza teologica da parte cattolica, e la discussione, a detta di tutti, ne ha sofferto”.

Sottolinea il reverendo LeClerc, professore di filosofia alla Gregoriana, che il lavoro di Darwin è stato molto spesso discusso ideologicamente, più che scientificamente, il che ha creato una spaccatura tra evoluzionismo e creazionismo. L’argomento dell’intelligent design ha poi rimescolato le carte, affermando che solo la pianificazione divina può spiegare l’evoluzione. E questo ha contribuito a confondere il fine divino e il meccanismo, mentre “questi sono ovviamente due piani differenti”.

Articolo del dott. Andrea Gagliarducci ( Esta dirección de correo electrónico está protegida contra los robots de spam, necesita tener Javascript activado para poder verla )

 
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