L'Arcangelo Raffaele nella letteratura |
A rivelare l’arcangelo Raffaele all’umanità è stato il piccolo Libro dell’Antico Testamento intitolato Tobia, che la Chiesa ritiene ispirato da Dio, e quindi contenente “tutte e soltanto quelle cose che Egli voleva fossero scritte”, e che molti comunque considerano un gioiello letterario. Si presenta come una narrazione storica, suddivisa in quattordici capitoli, ambientata nell’epoca assira (secoli VIII-VII a.C.). ma imprecisioni storiche, clementi del tempo dell’autore, immaginazioni, lo rivelano come un breve romanzo, composto, oltre che da narrazioni, anche da dialoghi, massime, esortazioni, preghiere. Di autore anonimo, fu scritto in lingua semitica, ebraica o, come dice Luigi Torraca, “più probabilmente aramaica”, tra il V ed il III secolo a. C.. Ci è stato tramandato in una versione greca, rappresentata da tre recensioni (ovvero restituzione di un testo alla nazione più vicina a quella originale). Personaggi del Libro (al quale qui è dedicato l’acuto saggio di Luigi Torraca) sono Tobi, con la moglie Anna, il loro figlio Tobia, che sposa Sara, figlia di Raguele e di Edna, Gabel, presso il quale Tobi, vent’anni prima, aveva deposto sacchetti sigillati di monete per una somma di dieci talenti d’argento ed il demonio Asmodeo, oltre all’arcangelo Raffaele. Apparentemente questo non è il principale protagonista. In realtà è lui che prende in mano la storia di Tobi, Tobia, Sara, e ne diventa l’ispiratore o, se si vuole, il regista. Nominato dall’autore sul finire del terzo capitolo, appare solo all’inizio del quinto, quando Tobia, dovendosi recare in Rage di Media per riprendere il denaro che il padre Tobi, diventato cieco e che ritiene di essere prossimo alla morte, ha depositato presso Gabael, esce di casa in cerca di qualcuno che, conoscendo bene il cammino, possa accompagnarlo nella Media. Trova subito Raffaele, che si presenta con un nome israelita venuto a cercar lavoro, e che conosce non solo la strada per la Media, ma ha alloggiato anche presso Gabael in Rage di Media. Andato da Tobi, dice di chiamarsi Azaria, figlio di Anania. Tobi gli comunica che avrà come salario una dracma al giorno e come mantenimento lo stesso del figlio. Dice poi che aggiungerà qualcosa al suo salario. Ma quando, dopo che Raffaele ha condotto Tobia in Media, l’ha fatto sposare con Sara, ha preso il denaro da Gabael, ha ricondotto Tobia con Sara a Ninive, con metà dei beni di Raguele, ha guarito Tobi dalla cecità, questi, d’accordo con il figlio, invita Raffaele a prendere come salario la metà dei beni che Tobia ha portato, egli rifiuta. Solo allora si rivela come uno dei sette angeli che sono al servizio di Dio e che hanno accesso alla maestà del Signore. Dice che tutto è avvenuto per la misericordiosa volontà di Dio, al quale bisogna rendere sempre grazie. Commentando questo episodio sant’Agostino nota che San Raffaele non ha bisogno della mercede umana, giacché è ricco per l’unione con la maestà divina. Dio è ricchissimo, e gli ha ordinato di dare gratuitamente ciò che gratuitamente ha concesso. E’ il compito di coloro che credono in Dio, ed anche, in particolare, di coloro che Dante indicava come autentici “letterati”, anche perché, come notava Etienne Gilson, le vere opere dello spirito debbono essere gratuite per essenza. E’ una convinzione che viene ritenuta per lo più assurda nei nostri tempi, tesi a ricavare utili materiali da ogni cosa e comunque. Ma ciò è conseguenza del nichilismo e del secolarismo che non ammettono Dio, che gratuitamente dona tutto quello che si ha. La presenza di San Raffaele nella letteratura è stata ben delineata da Severino Marzano in cinque capitoli del suo San Raffaele Arcangelo nella Bibbia, nel Culto e nell’Arte, pubblicato a Cuneo nel 1985, dove però non è citato il Paradiso Perduto di John Milton. Severino Marzano suddivide le opere che trattano di San Raffaele in Scritti vari, Rappresentazioni Sacre, Drammi, Poemetti, Poesie, Inni Sacri. Negli Scritti vari include, innanzitutto, i commenti dei Padri della Chiesa al Libro di Tobia. A questi si possono aggiungere le varie edizioni del Libro ed i commenti che sono stati pubblicati fino ad oggi. Le Sacre Rappresentazioni ed i Drammi derivano sempre dal Libro biblico, del quale protagonista è innanzitutto Tobi, il quale, in ogni circostanza della vita, resta fedele al Signore. Fa elemosina, dona il pane agli affamati, seppellisce i morti, è saggio e paziente quando viene colpito dalla cecità. Una delle principali rappresentazioni sacre è il Tobias di Jörg Wickram (circa 1520-1562) che sembrava forse della Svizzera tedesca. Era vastissima. Si svolgeva in piazza e durava due giorni. Si apriva con vari prologhi e commenti. Poi, a sorpresa, il diavolo leggeva una lettera di Lucifero che invitava il pubblico a far chiasso ed a disturbare, per stroncare sul nascere la rappresentazione, che definiva ridicola. Dopo che gli spettatori avevano respinto l’invito del diavolo, restando in silenzio, venivano rappresentati gli avvenimenti del Libro di Tobia, in armonia con il vivere, i gusti, la mentalità della società del tempo in cui questa rappresentazione era stata scritta. Attrae apprendere che nello stesso tempo, e precisamente nel 1533, ispirandosi all’opera della Bibbia, Hans Sacks pubblicò un dramma intitolato Tobia. Nato a Norimberga il 1° novembre 1494 e lì scomparso il 19 gennaio 1576, Hans Sacks alternò il mestiere di calzolaio con l’attività di maestro cantore. Nei nostri tempi è noto non per le sue opere drammatiche, che mancavano di forza, né per le sue scene di vita quotidiana, rappresentate con realtà, vivacità, buon senso, umorismo e con un dialogo spontaneo e brillante, ma per essere il protagonista de I maestri cantori di Norimberga di Richard Wagner. Attraente è anche il dramma Tobias di R. Behrle, pubblicato nel 1873, quando in Europa il materialismo si sviluppava sempre più e sempre più si consideravano “inattuali” coloro che, come Tobi, in ogni situazione restavano fedeli a Dio, conservando intatta la loro fede. Il dramma di Behrle è in cinque atti. Il primo si svolge nella povera casetta di Tobi a Ninive; il secondo sulle rive del Tigri, dopo il primo giorno di viaggio; il terzo atto si svolge, otto giorni dopo, nella casa di Raguele ad Ecbatane, così come il quarto nel quale entra in scena Gabael. Il quinto atto si svolge di nuovo nella casetta di Tobi a Ninive. In certi momenti la rappresentazione si interrompeva per l’esecuzione di musiche, ben armonizzate con il testo. Nel tempo della desacralizzazione e della demistificazione, la storia di Tobi venne ridotta a commedia dallo scozzese James Bridie (1888-1951). La commedia, intitolata Tobia e l’angelo fu rappresentata, per la prima volta, al Festival Theater di Cambridge il 20 novembre 1930, e pubblicata a Londra nell’anno successivo. In questa opera, che ebbe a suo tempo varie rappresentazioni, e fu definita “un gaio ed agile esempio di artigianato teatrale”, Bridie riduce i personaggi del libro biblico a piccoli borghesi. Immagina che Sara, la quale nel Libro di Tobia viene presentata da San Raffaele come “una ragazza seria, coraggiosa e molto graziosa”, e della quale si era innamorato il diavolo Asmodeo, ritenendo Tobia poco seducente e troppo sciocco, si innamori dell’arcangelo, il quale respingendola, la riporta sulla giusta strada e la prepara spiritualmente ad essere la fedele moglie di Tobia. Tra i poemetti c’è quello idillico di Jean Pierre Florian (1755-1794). Descrive il vivere nella città di Ninive, nel tempo in cui si viveva di pastorizia, di pesca, di caccia, si coltivavano i campi, si curavano le piante, tutto era regolato dal corso del sole e delle stagioni, e “quando scendevano le tenebre ogni attività cessava per riprendere al sorgere del nuovo giorno”. Florian lo presenta come un vivere tranquillo, sereno, ma il Libro di Tobia ci dice che nella stessa Ninive, regnava “molta ingiustizia e grande perfidia” e di queste cose non ci si vergognava. Le Poesie e gli Inni Sacri presentano San Raffaele innanzitutto come guaritore (anche tenendo presente l’etimologia del nome che, come ci ricorda Luigi Torraca, significa “Dio ha risanato”) e come guida. A questa seconda caratteristica si pensa nel sapere che, in una novella scritta nel 1930 da Italo Mario Angeloni, a San Raffaele si rivolgono alcuni alpinisti, che stanno salendo verso la vetta del Cervino, quando si avvedono che le difficoltà sono aumentate e lo scoraggiamento ha incominciato a prendere l’animo dei più deboli. Nella letteratura spagnola si trovano varie poesie dedicate a San Raffaele. Per lo più sono ispirate dal suo essere patrono di Cordova. In un sonetto di Fernandez Ruano è detto: “Poiché facesti solenne giuramento di essere custode e costante difensore di Cordova felice, donde trionfante la tua immagine brilla rasserenando il vento, non permettere che il cielo trasparente di questa fede, che da secoli l’illumina, si appanni al soffio d’impetuoso aquilone; se di Dio sei saggia medicina, e allontani da questo popolo l’infuocato fulmine, donaci la luce della verità divina”. Al suo guarire dalla cecità ripensò Giosuè Carducci in una delle sue Odi barbare, pubblicata nel 1891. La breve elegia si conclude con due versi che, come spesso avviene per la poesia, sembrano andar molto più in là del senso che Carducci diede loro (o che si ritiene abbia dato). Sono attualissimi in questo nostro tempo, nel quale moltissimi sono diventati spiritualmente ciechi. I versi sono questi: “Stanno ne l’ampia terra gli eroi del pensiero in disparte: a Raffaele tende le braccia il mondo”. Raffaele VACCA Fondatore del Premio Capri-San Michele |
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