Intervista al Cardinal Oscar Andres Rodriguez Maradiaga |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Intervista del 30 Novembre 2005 (proposta dal dott. Gagliarducci a tutti i visitatori del sito M.S.M.A.) - Questa intervista risale a tre anni fa: doveva essere pubblicata, ma non lo è stata mai. Racconta un po' del cardinal Oscar Rodriguez Maradiaga, salesiano, figura carismatica dell'episcopato latino-americano. Tanto che a più riprese è stato segnalato come uno dei possibili papabili, anche in quest'ultimo conclave. Ma sarebbe stato un Papa troppo giovane, dopo il lungo regno di Wojtila. Del quale ha il carisma. Ma in più ha la vocazione pastorale: gli piace insegnare, amministrare le cresime in qualunque chiesa salesiana si trovi nel mondo (se ci sono cresime da amministrare in quel periodo), suona il sax e la chitarra, è laureato in psicologia, filosofia, teologia, ha un passato di insegnante di matematica e fisica. Uomo di multiforme ingegno, insomma. Anche se l'intervista è datata, ritengo sia utile per fornire un ... ... ritratto del cardinale. Quando fu eletto cardinale, la gente scese in piazza a festeggiare come se la nazionale avesse vinto il mondiale. Oscar Rodriguez Maradiaga, 62 anni, honduregno di Tegucigalpa, in patria è una specie di eroe. Ha denunciato con forza il mercato illecito dei narcotrafficanti, guadagnandosi così il loro odio e una serie di minacce di morte, fino al rapimento del portiere della Curia Arcivescovile, e per questo motivo in patria si deve muovere sempre scortato. E’ stato ai vertici di Davos e Greneagles, e nei suoi discorsi ha attaccato duramente il sistema capitalistico attuale, portando avanti invece l’idea di un’economia più attenta alle nazioni povere, come lo è la sua patria, l’Honduras. Porta avanti, con vigore, la campagna per la cancellazione del debito dei Paesi del Terzo Mondo, e allo stesso modo chiede che alla cancellazione del debito si accompagnino investimenti nei Paesi poveri. Investimenti nell’istruzione, più che nell’economia, in maniera tale che il Terzo Mondo non resti Terzo Mondo. Al suo impegno, al vigore delle idee, unisce un carisma straordinario. Sa parlare alla gente, sa essere come loro. Sa insegnare. E insegnante lo è stato, e lo è tuttora, nonostante l’impegno da cardinale. Delle più multiformi materie, dalla matematica alla psicologia, dalla fisica alla teologia. Così carismatico da essere stato indicato da molti, prima del Conclave, come l’ideale successore di Giovanni Paolo II, che, al tempo della sua elezione, aveva la stessa età del cardinal Rodriguez. D - Da dove nasce il suo bel rapporto con la sua gente? R - Sono nato a Tegucigalpa, da una famiglia di ceto medio, e a quel tempo non c’era tanta povertà come ora nel mio Paese. Questo perché eravamo pochi: quando ho finito la scuola secondaria, l’Honduras contava un milione e mezzo di abitanti. C’era, sì, la povertà, ma non come ora. Ora molta gente si muove dalla campagna alla città, per sopravvivere. Da quando ero bambino, mia madre mi ha insegnato ad aiutare sempre le persone che venivano a chiedere qualcosa da mangiare. Anni dopo, quando entrai nel collegio salesiano, mi impegnavo come catechista il sabato e la domenica, e mi occupavo di bambini più poveri di noi. Quando poi mi hanno nominato vescovo, mi hanno mandato a lavorare in una diocesi in campagna dove dovevo servire 20 mila rifugiati del Salvador dai campi di concentramento. Stare vicino alla gente è sempre stata una cosa naturale per me. D - Lei ha sempre avuto una attenzione particolare per i giovani. Ora che è cardinale riesce a mantenere un rapporto con loro, nonostante i molteplici impegni? R - Certo, certo… E’ vero che giro, ma, quando sono in diocesi, ci tengo ad occuparmi sempre delle cresime, anche se non posso seguire le catechesi. Con i giovani ho rapporti continui: ogni anno c’è una giornata giovanile prima della Settimana Santa, e seguo personalmente la Pastorale Giovanile. Ai giovani tengo moltissimo. Quest’anno ho ricevuto dal Commissario Nazionale il premio per i Diritti Umani e l’ho dedicato a loro. D - Mi racconti la sua giornata tipo… R - La mattina mi alzo presto, alle cinque e mezza, faccio ginnastica, faccio la preghiera, la santa Messa. Due o tre volte la settimana dico Messa in parrocchia. Tutte le domeniche sono alle sei e mezza alla cattedrale. D - C’è crisi di vocazioni? R - Ci sono pochi sacerdoti in Honduras, ma vanno crescendo. Quando io sono stato ordinato, eravamo 192 sacerdoti in tutto il Paese. Adesso siamo più di quattrocento. C’è anche più lavoro da sbrigare. Io faccio del lavoro di ufficio quasi tutte le mattine, il pomeriggio ci sono in genere le visite pastorali. Coprire tutta la diocesi è difficile, perché è molto grande, circa 20 mila chilometri quadrati, e comprende territori molto lontani dalla capitale. Per questo motivo stiamo portando avanti una riorganizzazione delle diocesi, ne stiamo creando di nuove. E ogni volta che si crea una nuova diocesi, la vita cresce. Da voi la gente si stringe molto intorno alla Chiesa… Sì, anche se la politica è molto settaria, è quasi un’eredità. Si vota per discendenza: se il padre aveva preferenza per il partito, anche il figlio deve votare quel partito. D - Da lei sono partiti spesso attacchi duri alla politica… R - Sì, perché dobbiamo cambiare. D - Lei è stato invitato a Davos, a parlare a un grande meeting economico. Qual è la sua proposta per i poveri? R - Io non so perché mi hanno invitato a Davos. Ho trovato politici ed economisti buoni, altri del tutto indifferenti. La mia proposta è quella di considerare il commercio come chiave della nuova giustizia sociale. Ma i potenti non vogliono capire, ed è interessante vedere come non si arrivi a soluzioni coraggiose per difendere gli interessi personali. Non si può continuare con un commercio di protezionismi e sussidi. La risposta, secondo me, è già nella dottrina sociale della Chiesa, che passo a passo va avanti, si aggiorna. Ma sono ottimista: non è lontano il giorno in cui si arriverà ad una soluzione. Quest’anno, al vertice di Gleneagles in Scozia, il Sidse - che raggruppa tutte le agenzie umanitarie scozzesi - mi ha chiesto di andare al vertice per parlare con i governanti e discutere il modo in cui si può arrivare a un condono reale del debito estero. Siamo stati ricevuti anche in Germania dal presidente, dall’allora primo ministro Schroeder, dai leader dei partiti dell’opposizione, come l’attuale Cancelliere Angela Merkel. D- Ora si aspettano i passi concreti… R - Ci sono già stati, perché la Banca Mondiale ha accettato il condono di 18 paesi, e in Spagna si è ravvivata un’altra volta il dibattito. Si fanno grandi passi avanti soprattutto per l’Africa. D - E l’Honduras? R - I problemi in America Latina sono nati perché le nostre democrazie sono troppo fragili. C’è corruzione dietro i regimi di forza, e, purtroppo, la gente preferisce i regimi autoritari piuttosto che una buona economia. D - Lei come si muove? R - Abbiamo cominciato corsi di formazione politica, per insegnare cosa è la politica. Se la gente non è consapevole del significato di un voto, continuerà a votare per eredità, senza spirito critico, e potrà continuare la corruzione. Poi, la nostra diocesi ha messo su una piccola Tv indipendente, perché in Honduras televisioni e giornali sono in mano ad imprenditori, non agli editori, e gli imprenditori portano avanti i loro interessi personali. Ci hanno combattuto, ci hanno tolto gli spazi pubblicitari. Per compensare la perdita di denaro della pubblicità, i fedeli della diocesi pagano ogni mese l’equivalente di una pizza. Che Chiesa sarebbe se i suoi fedeli non fossero in grado di rinunciare a una pizza ogni mese per la propria diocesi! D - Lei dice che la strada per un commercio equo si trova già nella dottrina sociale della Chiesa, e che sta la Chiesa si sta aggiornando. E’ indubbiamente un periodo di passaggio molto importante. Come vede lei la Chiesa tra dieci anni? R - La domanda è interessante. Stiamo andando in avanti, senza alcun dubbio, perché è lo Spirito Santo che guida la Chiesa. Papa Ratzinger ha detto: voglio lavorare per la riconciliazione e la pace. E’ in questi punti, che il Papa ha dichiarato quando ha accettato l’elezione, che vedo già un grande avanzamento. E in questo senso, il Papa ha fatto gesti coraggiosissimi, specie alla Giornata Mondiale della Gioventù, quando è andato alla Sinagoga a Colonia e a parlare con i musulmani. Anche con la Russia, un territorio critico per il rapporto con gli ortodossi, monsignor Lajolo è riuscito a instaurare buoni rapporti. E poi ho sentito dell’intenzione del Papa di andare in Turchia. Ci sono, insomma, tanti passi avanti. Rubrica a cura del dott. Andrea Gagliarducci ( Esta dirección de correo electrónico está protegida contra los robots de spam, necesita tener Javascript activado para poder verla ) |
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