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Ruini non resta in panchina PDF Stampa E-mail

Ruini non resta in panchinaIl cardinale Camillo Ruini non ci pensa proprio a restare in panchina. Terminato il suo ruolo come vicario del Papa per la diocesi di Roma, archiviata da tempo l’esperienza alla Cei, il cardinale continua ad essere presente nel dibattito culturale. E lo farà ancora di più dalla presidenza del comitato per il Progetto Culturale, un organismo che lui stesso ha fondato e promosso da presidente della Cei. Un progetto di chiave antropologica, come di chiave antropologica sono i discorsi di Benedetto XVI. Partire dall’uomo per rifondare la società di oggi: è questa la sfida di Ruini. Che, più che defilarsi, ora può portare avanti le sue idee da battitore libero, sfilato da ogni incarico istituzionale. Lo ha detto – con l’ironia pungente che lo contraddistingue – in una intervista al Foglio, pochi giorni dopo la fine del suo mandato come vicario di Roma: “Ho insegnato teologia per anni prima di diventare vescovo.

Adesso ho una certa risonanza sui mezzi di comunicazione, e i miei libri vengono pubblicati volentieri. Quando ero più giovane, già scrivevo cose simili a quelle che scrivo oggi, ma non c’erano editori che facevano la fila. Forse perché i tempi non erano maturi, ma soprattutto perché ero un piccolo teologo di periferia”.

L’intervista al Foglio è arrivata poco dopo un suo articolo su Avvenire, il 13 luglio: “L’uomo non è solo materia. La Chiesa e le responsabilità per il futuro”. Si trattava della risposta a stretto giro di un articolo del professor Aldo Schiavone, pubblicato da Repubblica il giorno prima: “La Chiesa nel mondo che cambia”. E, nell’articolo, riprendeva le tematiche che ne hanno contraddistinto il ventennio alla guida della Cei: di fronte all’obiezione di Schiavone che il concetto di “persona” rifletta solo una storia, e “questo vale per ogni forma di controllo tecnologico della vita e della morete, che dipendono totalmente dalla cultura, e non dalla natura”, Ruini contrappone l’idea che “la condizione base per un atteggiamento più serenamente aperto da parte della Chiesa in ambito antropologico non sia proprio il superamento di quel riduzionismo del soggetto umano alla natura e alla storia”.    Il suo programma non è di poco conto: un libro sull’uomo di oggi di fronte a Dio. Resta fedele a quella linea di presenza cristiana nel dibattito pubblico. Una presenza non silenziosa, che a volte può apparire persino non dialogante. Perché – ha spiegato – “fino a cinquant’anni fa dominava la polemica. Poi con il Concilio il dialogo è diventato una parola d’ordine, con la speranza – purtroppo rivelatasi infondata – che assumendo un atteggiamento positivo e aperto le difficoltà venissero meno. Le cose sono andate un po’ diversamente. Oggi ci sono le contestazioni, ma soprattutto c’è una critica radicale del cristianesimo”.

Ed è per questo che Ruini non starà sicuramente in disparte: il suo “pensionamento” gli serve anzi per preparare le prossime battaglie alla critica radicale della Chiesa. Come? Con la presenza nel dibattito pubblico, che non abbandonerà, né può abbandonare, dato che ha calcato la scena per oltre vent’anni. Trasformando la Cei in una macchina culturale, con forti investimenti sul ramo dei media. Lo studio dell’uomo di oggi di fronte a Dio è l’ennesima sfida di Ruini al mondo contemporaneo. Per lui, la sfida si vince guardando all’uomo, e l’uomo guardando a Dio. E non ha intenzione di smettere di raccontarlo.

Rubrica a cura del dott. Andrea Gagliarducci ( Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo )

 
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