Il pudore come antitesi alla pornografia |
In un precedente articolo in cui analizzavo gli effetti devastanti per la società occidentale della pornografia, ho affermato che essa si combatte con una sana educazione al pudore. Oggi l’interiorità individuale dell’uomo è gravemente minacciata da una parte dalla potenza dei mezzi di comunicazione tanto che la nostra epoca si è meritata la qualifica di “era dell’indiscrezione”, dall’altra parte il frastuono e la frenesia delle nostre giornate lavorative lascia sempre meno spazio a tempi di riflessione profonda. Questo soffocamento della intimità non è soltanto da molti inavvertito, ma viene addirittura incoraggiato da una lobby di manipolatori che sono divenuti tale in parte a causa del loro pessimismo antropologico e in parte per obbedire alle ragioni economiche del consumismo: l’uomo interiore infatti non è facilmente manipolabile dalla pubblicità e dalla ideologia. Dissolto in molti il concetto stesso di intimità, resta smarrito ... ... anche il sentimento del pudore, che è la più naturale guardia del corpo della propria interiorità. Secondo alcune concezioni ateistiche, il pudore non sarebbe altro che un prodotto culturale, un pregiudizio sociale; per cui nel caso che sparissero certe convenzioni e certi modelli educativi scomparirebbe anche il sentimento del pudore e l’uomo recupererebbe la propria originaria spontaneità. Le indagini fenomelologiche di cui Max Scheler è anticipatore, dimostrano al contrario che il pudore è un sentimento specificamente umano. Né Dio, né gli animali “provano vergogna”, e ciò si spiega con il fatto che l’uomo occupa un posto unico nella struttura del reale, al confine tra il divino ed il regno animale. L’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, ma poi a causa del peccato originale, decaduto e spodestato, prova vergogna, come Adamo nel Paradiso terrestre, nel sentire l’intima disarmonia tra la sua nobiltà originaria ed il suo stato attuale miserabondo. Il pudore è segno del ritorno su di sé che avviene ogni qualvolta che la persona uscita fuori di sé si è spersonalizzata e quindi si è alienata. Infatti una persona viene generalmente definita spudorata quando mostra in pubblico stati d’animo troppo personali o racconta esperienze intime sessuali della propria vita, o quando assume in pubblico atteggiamenti e comportamenti che le persone di sensibilità comune assumono soltanto nella intimità della propria casa. Possiamo dire che oggi la televisione non può essere solo definita “tv immondizia” ma anche e soprattutto “tv spudorata”. Una persona normale per dare sfogo al pianto, preferisce la propria abitazione piuttosto che una trattoria. Il comune cittadino non gira per le strade in pigiama o in mutande o quasi completamente nudo. In ogni caso, il pudore costituisce una protezione dell’intimità. Il termine “svergognare qualcuno” vuol dire infatti “violare la sua intimità”. Secondo alcuni, la casa non sarebbe altro che il prolungamento della pelle e dell’abito: essa rappresenterebbe cioè solo un sistema di protezione contro il maltempo, il freddo o il caldo. In realtà l’abitazione è sempre stata anche presso i cosiddetti popoli primitivi il luogo “divino”, dove l’uomo si sente sicuro con la sua famiglia nelle ore del suo svago e del suo riposo. Dunque gli esseri umani non costruiscono le loro abitazioni anzitutto per difendersi dalle belve o dalle intemperie climatiche, bensì perché hanno bisogno di proiettare anche spazialmente la propria intimità. L’abitudine di curare la pulizia, la bellezza e l’accoglienza della propria casa, affinché gli amici invitati vi si sentano a proprio agio, è una forma di pudore che protegge l’intimità e la partecipa come dono di sé solamente agli amici o ai parenti stretti. L’abito, come la casa, non è affatto un semplice sistema di riscaldamento, bensì un mezzo espressivo sia della vanità, sia del pudore personale. Riguardo al vestito, risulta evidente come esso dichiari che, chi lo indossa, possiede il proprio corpo e che non desideri metterlo a disposizione altrui. Ma per questo motivo, al contempo, egli è in grado di consegnarlo ad un altro oppure a nessuno se così ha stabilito; da qui deriva il fastidio e la gelosia dell’innamorato/innamorata o del marito/moglie quando il vestito del partner mette il proprio corpo troppo in mostra. Il sentimento del pudore fisico viene ferito ogni qualvolta che qualcuno si appropria dell’altrui corporeità prima che il libero dono del proprietario abbia avuto luogo, questo perché il corpo non è semplicemente la copertura dell’io, cioè qualcosa di esteriore, essa è la nostra inalienabile intimità. La persona è padrona di se stessa; nessuno, salvo Dio Creatore, può avere su di lei alcun diritto di proprietà. Essa si appartiene, ha il diritto di autodeterminazione, quindi nessuno può ledere la sua indipendenza. Questa inalienabilità oggettiva della persona trova espressione proprio nel fenomeno del pudore sessuale, che non è altro che un naturale riflesso dell’essenza sana della personalità. Il pudore mette in luce la tensione tra amore ed istinto. L’amore vero si indirizza verso la persona amata (ciò che l’altro è), esso spinge quindi alla oblazione sincera di sé. L’istinto sessuale, invece, si rivolge all’altro quale impersonale oggetto di piacere (ciò che l’altro ha), ed incita quindi alla conquista erotica egocentrica. Il pudore vieta la spersonalizzazione istintiva dell’unione sessuale genitale esclusivamente finalizzata al piacere erotico – come in genere la pornografia propone – e protegge l’unità di entrambi i soggetti. La consapevolezza e il soggetto e persona, infatti, prepara la strada al dono di sé, senza reprimere il sano istinto, bensì facendone un veicolo dell’amore personale. Il pudore è dunque una sorta di padronanza di sé e di oblazione verso un’altra persona ben determinata. Tale dono di sé è, per conseguenza, qualcosa di squisitamente privato ed intimo, da compiere lontano da ogni occhio estraneo. A tale riguardo recentemente la Cassazione in Italia ha affermato che i rapporti sessuali in macchina sono oggetto di codice penale, proprio per tutelare il senso del pudore della collettività. Infatti la dissoluzione del senso del pudore creata dalla pornografia mette in evidenza come la persona non possegga più la propria intimità. Se la sessualità genitale è vissuta come istanza strettamente personale, di cui si fa dono ad un’altra persona (nel matrimonio) oppure a Dio (nella consacrazione sacerdotale o verginale), allora il pudore risulta oltremodo significativo e si mette al servizio del vero dono dell’intimità, che a sua volta fa superare l’incomunicabilità della persona. Dove la mentalità pornografica si impone, il pudore viene beffeggiato in tutte le sue manifestazioni ed è osteggiato come una forma di oscurantismo, per questo è evidente che i portali di internet che normalmente presentano sconcezze varie siano anche abitualmente critiche verso l’istituzione gerarchica cattolica e, invece, la spudoratezza e la promiscuità vengono esaltate in quanto espressioni di autentica e sincera libertà. In realtà il pudore sessuale non è un prodotto dell’educazione o dell’abitudine, né un effetto della paura o del disgusto del sesso, bensì una forza protettiva compresa nella nostra natura, un sentimento umano originario, che trattiene dallo scivolare nella sfera dell’istinto puro e semplice. Le forme esteriori espressive del pudore (ad esempio la moda) vanno certamente soggette al cambiamento storico, tuttavia non si può negare che la società attuale attraverso i mass media sia dominata da un clima sessualmente sovreccitato. E’ in corso un attacco portato in maniera massiccia contro ogni specie di pudore, particolarmente quello sessuale come è proposto dalla dottrina morale cattolica. A questo riguardo è esemplare la pubblicità smisurata ai “baci saffici”, delle dive dello spettacolo o del cinema per invogliare così la gioventù femminile alla pratica del lesbismo. Simile indelicatezza e rozzezza verso la struttura intima della personalità dell’essere umano, cerca ovviamente di contrabbandarsi per emancipazione e libertà, in realtà danneggia particolarmente le famiglie e la società nel suo insieme. Al momento attuale, la Chiesa cattolica è l’unica istituzione, in Italia e nel mondo, che opera davvero per il bene di tutti gli uomini, anche dei non credenti e di quelli che purtroppo la osteggiano, perché – tra le altre cose – si impegna, direttamente o indirettamente, a combattere la pornografia che è un gravissimo male non solo morale ma altamente destabilizzante e disgregante della società. La lotta alla pornografia comunque non è di per sé di esclusiva competenza di un partito politico o di una istituzione religiosa. Il problema della pornografia è un tema civile, poiché riguarda quella morale della convivenza sociale che interessa ogni cittadino. Nella lotta alla pornografia dovrebbe quindi organizzarsi la più larga convergenza civile e politica, al di là degli abituali schieramenti di destra o di sinistra, soprattutto nell’interesse di larghe masse popolari e giovanili che maggiormente ne sono colpite e avvilite. In Italia, purtroppo, questa convergenza di tutte le forze sane del paese contro la pornografia non esiste. In primo luogo, nell’Italia dei partiti, la faziosità politica rende difficile ogni iniziativa puramente civile e di moralizzazione dei costumi che non sia posta sotto l’insegna di un preciso partito o che sia utilizzabile da esso. In secondo luogo, nonostante il tracollo rovinoso della sinistra radicale, il fronte laicista, anticlericale e anticattolico insieme alla lobby omosessualista, è ancora molto forte e potente, e diffonde la falsa idea che la pornografia costituisca un segno di modernità e di libertà di idee. Inoltre, l’arma pornografica è sempre stata utilizzata dai nemici della Chiesa per indebolire il consenso delle masse al cattolicesimo. In realtà la storia dimostra chiaramente che la pornografia è sempre stata presente come un fatto diffuso in tutte le epoche di decadenza sociale e morale della civiltà. I nostri tempi moderni hanno solo fornito alla pornografia uno strumento di diffusione e di penetrazione potentissimo: i mezzi di comunicazione di massa, in modo particolare internet, tanto più efficaci da quando le foto e le immagini filmate con la loro crudezza e capacità di suggestione anche inconscia, sono diventate predominanti sulla parola stampata. La pornografia oggi assale con prepotenza e senza discriminazione ogni persona, qualunque ne sia l’età, e questo avviene nelle strade, alle edicole, nei teatri, al cinema, sui giornali e particolarmente alla televisione e su internet. Tradotti in immagini visive, gli atti osceni e le violazioni pornografiche del comune senso del pudore , proibite dal codice civile, finiscono con l’aggirare abilmente i divieti legislativi, anche perché una parte notevole della magistratura è condizionata ideologicamente dalla cultura anticristiana e comunista. La pornografia moderna è prepotente, perché molto spesso alle immagini pornografiche non si può replicare, inoltre le immagini oscene pubbliche dei grandi cartelloni pubblicitari non si possono evitare, ma si subiscono. Recentemente la pubblicità di un’agenzia navale di trasporti ha messo una foto di un seno abbondante con la scritta: “Il Vesuvio e l’Etna mai così vicini”, creando numerosi incidenti e tamponamenti stradali agli automobilisti distratti da tale pubblicità che tutto sommato non ha nulla a che fare con i viaggi di linea. Poiché oggi la pornografia si impone anche a chi non la vuole, essa costituisce una insopportabile violazione della libertà individuale. Essa è in ogni caso lesiva della personalità del fanciullo e del giovane aggredito e senza possibilità di difesa, proprio nell’età dell’instabilità affettiva e psichica e della formazione morale. Oggi l’unica novità della pornografia moderna è che essa non rispetta più nessuno. Le Nazioni Unite hanno, qualche anno fa, elaborato una “Dichiarazione dei Diritti dei Fanciulli”, in cui tra l’altro si stabilisce che: “Data la sua immaturità fisica e intellettuale, il fanciullo deve beneficiare di una speciale protezione […] in base alla legge […] così da essere in grado di svilupparsi in modo sano e normale sul piano fisico, intellettuale, morale, spirituale e sociale”. Ebbene, l’invadenza pornografica che scavalca le leggi per una colpevole tolleranza di numerosi magistrati che o per viltà, o per complicità ideologica non intervengono, viola gravemente questa disposizione delle Nazioni Unite. Ma la pornografia offende tutti e non solo i fanciulli, perché viene gravemente mutilata la personalità dell’individuo che viene ridotto a puro oggetto di piacere sessuale. Essa infatti spinge al dominio egoistico di un individuo sull’altro (vedi i casi recenti in Italia dello stupro e dell’assassino della quattordicenne Lorena di Caltanisetta da parte di suoi amici minorenni). Gli psicologi hanno dimostrato che gli istinti egoistici non sono altro che impulsi di distruzione e di morte, ed è proprio questa capacità di distruzione dell’individuo e della società l’unico vero risultato della pornografia. Stimolando ad una incontrollata manifestazione degli istinti egoistici, la pornografia lascia le sue vittime in preda agli impulsi predatori ed aggressivi. Perciò, da un lato, la pornografia provoca ossessione e nevrosi distruttiva nell’individuo che cede ai suoi richiami, dall’altro lato, essa è causa di una gravissima dissoluzione sociale, perché ostacola un rapporto umano sano ed equilibrato di quel reciproco rispetto personale dal quale nasce la fiducia e la comprensione fra gli esseri umani. Don Marcello Stanzione (Ri-Fondatore della M.S.M.A.) |
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