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Il ritorno alla politica della sinistra cristiana PDF Stampa E-mail

Il ritorno alla politica della sinistra cristianaSi chiama “Appello alle donne e agli uomini che vogliono operare per la giustizia, per un ritorno alla politica”, e conta una piattaforma che va da Giovanni Franzoni (ex abate della Chiesa di San Paolo Fuori le Mura), al professore di Filosofia Teoretica di Macerata Roberto Mancini, passando per Rita Borsellino, l’ex presidente del Comitato Nazionale di Bioetica Adriano Ossicini e tanti e altri esponenti del cosiddetto cristianesimo “progressista”. Ed è un appello che da una parte vuole rivendicare il ruolo dei cristiani nell’ambito del dibattito pubblico (cosa che – notano i firmatari – il Partito Comunista aveva capito, e invece la sinistra sembra aver dimenticato), dall’altra ci tiene a sottolineare che alla laicità non si contrappone la religiosità. “Non ci vogliono – dicono i firmatari – i cristiani come categoria politica, perché questo significherebbe ricadere in vecchie pratiche integriste e confessionali”.

L’appello propone una serie di iniziative, che poi sfocino in un “servizio politico”. Servizio che vuole da un lato favorire la partecipazione politica dei cittadini, dall’altro vuole fare un lavoro orizzontale, più che verticale. Partendo, insomma, dalla base, con scuole di formazione, iniziative per i giovani, e vari tipi di iniziative con le quali intervenire nel dibattito pubblico, partecipando anche direttamente all’azione politica.

Un modo di agire che si contrappone a quello neo-con: si riafferma il valore del pensiero cristiano (che non deve essere inteso in maniera confessionale), e allo stesso tempo si cerca di valorizzare la base. La critica, in particolare, è ad una sorta di rinuncia degli Stati in favore del Mercato. Mercato che non guarda la persona, e a queste conclusioni – si fa notare nel manifesto – è giunto anche il ministro Tremonti.

Se però l’intento è nobile, chiamare il movimento Sinistra Cristiana può essere inteso come una contrapposizione quasi ideologica, per le quali ad una “destra” teo-con si contrappone una sinistra cristiana. Come a dire: rendere confessionale un pensiero che vuole essere libero ed a-confessionale. Per questo i firmatari ci tengono a sottolineare che “il nome di Sinistra Cristiana non comporta, poi, un’identificazione confessionale, che in nessun modo può confondersi con una divisa politica, ma intende alludere a un mondo di valori, tutti negoziabili, ossia non imposti, purché prevalgano l’azione e la libertà”.

La contrapposizione è allora tra i valori non negoziabili (promossi dai neo-con come assoluti) e l’idea di valori condivisi. Alla cui base però ci sia l’amore e l’uguaglianza, secondo l’insegnamento, appunto cristiano, che però si assurge ad insegnamento universale. Si tratta di un nuovo spunto di dibattito all’interno del pensiero cattolico, che riprende anche parte delle argomentazioni che all’assemblea della Chiesa di Loreto del 1985 vennero messe da parte: fu allora che Papa Giovanni Paolo II diede alla Chiesa una impostazione di presenza viva nel dibattito pubblico. La stessa che presentò Ruini, e che portò il cardinale ad ascendere prima alla segreteria, poi alla presidenza della Cei, e quindi al vicariato della diocesi di Roma.

Rubrica a cura del dott. Andrea Gagliarducci ( Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo )

 
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