Ruini lascia la Diocesi di Roma |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Roma. Camillo Ruini lascia l'incarico di vicario della diocesi di Roma. All'annuncio manca ancora l'ufficialità. Ma è solo quella che manca: per il cardinal Ruini è già pronto un nuovo incarico, e di lui è pronto anche il successore. Il cardinale Agostino Vallini ha sempre mantenuto un profilo basso, non concedendo praticamente mai interviste ai media. La cosa è piaciuta a Papa Benedetto XVI e al cardinal Bertone. La sua nomina profila un cambio di rotta in quello che è stato il vicariato di Roma sotto la guida pastorale di Camillo Ruini: rispetto all'ex presidente della Cei, Vallini ha un profilo più pastorale. Ruini, invece, si caratterizzava per la sua forza teologica e per la sua idea di Chiesa viva e presente nel dibattito culturale. Un'idea che ha reso concreta con il Progetto Culturale. Loreto, 1985. E' lì che prende corpo l'idea del Progetto Culturale. Giovanni Paolo II dice che “anche e particolarmente in una società pluralistica e parzialmente scristianizzata, la Chiesa è chiamata a operare, con umile coraggio e piena fiducia nel Signore, affinché la fede cristiana abbia, o recuperi, un ruolo-guida e un’efficacia trainante, nel cammino verso il futuro”. E' il passaggio chiave del discorso del Papa Giovanni Paolo II al convegno ecclesiale di Loreto, dal 9 al 13 aprile 1985, che detta una linea precisa in un mondo cattolico vivacissimo, ma confuso e diviso tra i fautori della "presenza" e quelli della "scelta religiosa" o della "mediazione". È il programma di Ruini, che del convegno era stato vicepresidente e viene chiamato poco dopo, il 28 giugno 1986, come segretario generale della Cei. Un tema, quello della presenza cristiana nel dibattito pubblico, ripreso, non a caso, da Benedetto nel suo intervento al quarto convegno ecclesiale di Verona nel 2007, e poi – a più riprese – è tornato sul tema di cristianesimo e dibattito pubblico, con il suo viaggio negli Stati Uniti e il seguente incontro con il presidente Bush. I venti e più anni di Ruini alla guida della Cei e del vicariato di Roma (dal 1991) sono parte di un progetto più a lungo termine: l'attuazione del Concilio Vaticano II, forse il tema-chiave del venticinquennale ruiniano. Di fronte al concilio, ci sono due prospettive “ermeneutiche”: una di rottura, l'altra di continuità. Ruini si colloca in quella che Benedetto XVI ha definito della "riforma". Ruini parla di "cristocentrismo aperto", le parole chiave della sua scuola sono fede-libertà-verità-intelligenza. Vale a dire: accettare la modernità, con fiducia, e competere allo stesso tempo con le sfide della modernità nel campo dei suoi traguardi. E per questa partita c'è bisogno di apertura, di un gioco di incontri, e allo stesso tempo l'affermazione di una precisa identità. Il cardinal Ruini non si è mai sottratto a questa dialettica. Identificando, già all'indomani della sua prima conferma alla presidenza della Cei, nel 1996, nella cultura l'elemento decisivo, "non certo per coltivare ambizioni di egemonia, ma per dare più pienamente al Paese quel contributo che ci è spesso richiesto anche da chi parte da un'ispirazione diversa, oltre che per non rimanere prigionieri di quella sindrome di subalternità o di semplice gioco di difesa e razione". Questo schema che si applica poi via via ai grandi temi dell'identità, del rapporto con le religioni, e soprattutto delle frontiere dello sviluppo delle scienze e delle tecnologie. Non si tratta solo di un'aspirazione intellettuale: Ruini è vivo e presente nel dibattito pubblico, si caratterizza per una forte capacità di governo. Come al tempo del referendum sulla legge 40, quando non esitò a dire la sua, senza considerare le polemiche che ne sarebbero conseguite. Così, durante il periodo da segretario della Cei, fa una serie di investimenti mirati soprattutto nel campo della comunicazione. Poi, da presidente, e poi da vicario di Roma, gestisce il difficile passaggio del mondo cattolico che cambia. Cambia anche perché, con la fine della Dc, manca un partito cattolico di riferimento. Ruini prima difende l'unità dei cristiani, poi accetta il bipolarismo, e rifiuta ogni riferimento della Chiesa all'uno e all'altro dei due poli, in un dialogo continuo che si basa sull'identità e sui valori. Difficile prendere la successione di Ruini. Lo sa bene il cardinal Vallini, fino all'ultimo titubante sulla richiesta di Benedetto XVI. Studioso di ecclesiologia, ha avuto esperienze pastorali come vescovo ausiliare di Napoli e vescovo di Albano, prima di diventare prefetto per la Segnatura Apostolica. Probabile che la sua sarà una successione “pastorale”: Ruini, fine teologo, si era concentrato più sugli aspetti culturali e di governo, avendo dalla sua la straordinaria forza di Giovanni Paolo II, che faceva a tutti gli effetti il vescovo di Roma, visitando le parrocchie costantemente. Benedetto XVI, invece, preferisce dare note pastorali di anno in anno, concentrandosi di più sul governo della Chiesa. Rubrica a cura del dott. Andrea Gagliarducci ( Esta dirección de correo electrónico está protegida contra los robots de spam, necesita tener Javascript activado para poder verla ) |
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