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Santa Maria Francesca dalle 5 piaghe e gli Angeli PDF Imprimir E-Mail
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Santa Maria Francesca dalle 5 piaghe e gli AngeliAnna Maria Gallo nacque a Napoli il 25 marzo 1715 al tempo in cui vi esercitavano il loro apostolato san Francesco de Geronimo, san Giovanni Giuseppe della Croce, sant’Alfonso de’ Liguori, san Francesco Saverio Bianchi, suo direttore spirituale.Malgrado l’opposizione del padre che le proponeva un vantaggioso matrimonio, rimase ferma nel proposito di consacrarsi a Dio. A 16 anni, ottenuto il consenso, divenne terziaria francescana col nome di suor Maria Francesca delle Cinque Piaghe, sotto la regola di san Pietro d’Alcantara. Pur rimanendo nel mondo, visse nella più perfetta regola alcantarina, sottoponendo il suo corpo, già esausto per il continuo lavoro e i digiuni, a veglie, flagellazioni e cilici. Maria Francesca ebbe il privilegio di soffrire nel suo corpo, dopo la comunione, i dolori di Cristo, suddivisi negli ultimi cinque venerdì di quaresima. Padre Salvatore, che la confessò per 37 anni, talora le ...

... abbreviò le pene dicendole: “Per santa ubbidienza scendete dalla croce e cessate di patire”. Negli ultimi tre giorni della settimana santa non toccava cibo. Per lungo tempo portò una grande piaga al petto che nei giorni della Passione si apriva e bisognava medicare. Quando stava per trasformarsi in cancrena l’arcangelo Raffaele la guarì all’istante. Fu molto perseguitata dal demonio che ella chiamava col nome di “perrucchella” che la spingeva alla bestemmia e la costringeva a pensare addirittura al suicidio, ma la santa era sollecita nell’offrire quei patimenti a Dio per la salvezza propria e il bene della Chiesa. Quando le persecuzioni del demonio assumevano forme fisiche di estrema violenza, l’arcangelo san Michele accorreva in suo aiuto.

Negli ultimi 14 anni di vita ella contrasse una santa amicizia con il barnabita san Francesco Saverio Bianchi. Al santo più volte capitò di trovare il vino consacrato dimezzato nel proprio calice. Quando Maria Francesca rimaneva senza messa nella sua cappellina e per le infermità non poteva uscire di casa, allora si univa alla messa che padre Bianchi celebrava nella sua chiesa. Una volta in fondo al calice costui trovò così poco vino consacrato che se ne inquietò. “ Padre mio, gli rispose la santa interrogata – se non era per l’arcangelo san Raffaele che mi ha avvertita che si doveva compiere il sacrificio, io mi sarei bevuto tutto. Voi vi agitate senza ragione”. Il padre Bianchi provvide allora a mettere nel calice più vino e accanto alla sua ostia grande la particola più piccola per la sua penitente.

Questa santa ha ricevuto speciali grazie e favori per mezzo dell’arcangelo san Raffaele. Siccome abitualmente essa era ammalata, piacque al Signore di affidarla in modo speciale all’Arcangelo san Raffaele. Nell’anno 1789 questo beato spirito celeste le apparve in sembianze di una straordinaria bellezza; santa Francesca ne fu talmente sorpresa che non poteva più parlare. Allora questo Arcangelo caritatevole verso gli ammalati le disse: “Io sono mandato presso di voi per guarirvi dalle vostre piaghe”. Ebbe in seguito altre apparizioni dell’Arcangelo. Nell’aprile del 1786 delle convulsioni la resero incapace di compiere qualsiasi movimento. Don Giovanni Pessiri volle portarle una tazza di cioccolata, che posò accanto al suo letto dicendole di servirsi da sola, poiché i suoi doveri pastorali lo richiamavano altrove. La povera inferma, in preda alle convulsioni, non sapeva che fare. Subito la tazza le venne portata alla bocca da una mano invisibile; quella stessa mano riprese la tazza vuota e ripose poi ogni cosa al suo posto. Maria Francesca, consolata e rinfrancata, rese grazie alla santa Trinità e al suo celeste Arcangelo. Un’altra volta padre Francesco Saverio Bianchi stando in sua compagnia avvertì – come descrisse lui stesso – “un odore di paradiso”.

vendo chiesto alla santa di fornirgli una spiegazione per questo gradevolissimo profumo, ottenne dalla monaca questa semplice risposta: “Non se ne meravigli, perché qui, in mezzo a noi, c’è l’arcangelo san Raffaele”. Spesso l’amabile arcangelo le fece da infermiere, le tagliava il pane e le prendeva il coltello dalle mani, dicendole con un grazioso sorriso che da sola non era capace di mangiare. Se sollevava una sedia o qualche oggetto il cui peso poteva nuocerle, l’arcangelo glieli sottraeva di mano e li portava nel luogo in cui la santa aveva pensato di metterli. Un’altra volta ancora nella sua angelica semplicità, santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe scongiurava il suo confessore Antonio Cervelino di affrettarsi a cominciare il santo sacrifico e le piaceva che fosse celebrata la messa del Requiem perché, essendo quella messa più breve, la comunione si faceva attendere di meno. Un giorno, don Antonio aprì il santo tabernacolo, prese l’Ostia, ma non fece in tempo a tenerla fra le dita che già era scomparsa. Il sacerdote cercava l’ostia con grande apprensione quando la santa gli fece segno di non preoccuparsi poiché la santa particola era già sulla sua lingua. La stessa grazia, san Raffaele le concesse in altre occasioni, in particolare nella parrocchia di san Giovanni dei Fiorentini a Napoli.

Quel giorno, i fedeli vi dovevano comunicarsi erano in gran numero; quindi la santa avrebbe dovuto aspettare molto prima di ricevere la santa comunione. Il suo protettore, san Raffaele, commosso dal suo ardente desiderio di Cristo eucaristia, le venne in aiuto e le portò lui stesso la santa ostia. Tutti questi avvenimenti sono citati nella causa di canonizzazione di santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe che morì a Napoli il 16 ottobre del 1791 e fu canonizzata da Pio IX nel 1867. il suo culto è ancora molto vivo a Napoli ove, vicino alla sua casa, sorge un piccolo santuario con accanto un istituto di suore terziarie francescane.

Don Marcello Stanzione (Ri-Fondatore della M.S.M.A.)

 
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