L’esistenza di Dio salta agli occhi per chi ha occhi da vedere. I cieli veramente narrano la gloria di Dio e l’universo si rivela come opera delle sue mani. Per affermare che Dio esiste realmente dobbiamo partire dalla realtà: non la sua (che non risulta) ma del mondo, l’unico a noi accessibile. Resta allora da chiedersi se il mondo debba la propria realtà a se stesso o ad un “ Altro”. Il mondo interrogato, risponde esibendo indizi inequivocabili della sua insufficienza a spiegare la propria realtà. Sono: la “composizione”, che esige un Componente…; la “contingenza”, che rimanda al Necessario…; il “divenire”, che postula l’Atto Puro…; la “casualità particolare e relativa, dipendente e compresa da una Causa un universale e assoluta…; l’ “eteronomia” che suppone una Legge suprema o Mente ordinatrice… Ed ecco la dimostrazione a posteriori dell’esistenza di Dio: col suo dato positivo offerto dall’esperienza del reale (appunto gl’indizi dell’insufficienza del mondo ora elencati), e l’applicazione ... |
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Chi ha visto il film di Ridley Scott Le crociate è stato confermato nell'idea che dall'Illuminismo in poi l'Occidente ha sul tema: a) i crociati erano rozzi e crudeli, mentre gli islamici erano raffinati e tolleranti; b) l'imperialismo europeo attaccò senza provocazione i pacifici musulmani; c) Saldino era un galantuomo e i crociati dei farabutti; d) da allora i musulmani ci odiano con ragione. Questo mucchio di corbellerie è ribaltato nel più bel libro che mai sia stato scritto sull'argomento: Gli eserciti di Dio. Le vere ragioni delle crociate (Lindau, pagg. 365, euro 24,5) di Rodney Stark. Sì, perché è vero l'esatto contrario di tutti i punti summenzionati. Innanzitutto, i musulmani cominciarono a interessarsi alle crociate solo quando l'Occidente le mise loro in testa, cioè alla fine del XIX secolo. Non solo gli arabi contemporanei quasi non se ne accorsero, perché si trattava solo di invasioni periodiche durate poco e per nulla rivolte contro l'islam in quanto tale. Anzi, i musulmani sudditi dei regni ... |
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La Santa Chiesa, seguendo l’invito alla carità fraterna, che Gesù rinnova in quasi tutte le pagine del Vangelo, ne ha fatto “suo comandamento, per alleviare le pene indicibili che i nostri fratelli della Chiesa “purgante” soffrono in Purgatorio, alleviandoli, aiutandoli ed abbreviando le loro pene. Questo comandamento di Gesù interpella anche la nostra, diretta, carità e ci spinge a fare il più possibile per portare ai nostri defunti, ed a quanti ne hanno bisogno, la rugiada benefica del nostro amore.Aiutando, coi nostri suffragi, i defunti, noi facciamo anche il nostro personale interesse spirituale, poiché essi si ricordano di noi e ci ripagano abbondantemente per quanto loro facciamo. Così, nella meravigliosa e gioiosa realtà della “comunione dei santi”, la Chiesa pellegrina nel tempo, quella del Purgatorio e la Chiesa trionfante e celeste, si danno eternamente la mano perché la salvezza di Gesù redentore si estenda ad ogni creatura. Riguardo ai defunti la Chiesa concede ... |
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San Gregorio Magno, nei “Dialoghi” narra che nel monastero di S. Andrea a Roma morì un suo confratello di nome Giusto, che faceva l’infermiere della comunità. Il monaco non sempre aveva osservato la povertà, secondo le prescrizioni della regola, dando cattivo esempio al riguardo anche agli altri. Alla fine della vita si pentì del male fatto. Siccome era stato disponibile verso i malati, praticando con abnegazione e competenza l’arte medica, i confratelli pregarono e celebrarono sante messe, per suffragare la sua anima. Quasi certamente nelle loro preghiere avevano tenuto presente il lutto di trenta giorni che avevano appreso dalla Sacra Scrittura, riguardo ad Aronne e Mosè, perché dopo la celebrazione ininterrotta di trenta messe, il monaco apparve ad alcuni confratelli, li ringraziò dei suffragi e disse che ormai era felice in cielo. S. Gregorio non poté celebrare, perché, a quel tempo, era diacono, ma partecipò alle messe, pregò intensamente e fece penitenze per il defunto. Questa fu l’origine ... |
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Questi tempi vengono culturalmente definiti come tempi postmoderni. Ma cosa è la postmodernità? Per modernità si intende la sostituzione delle certezze religiose con certezze di ordine scientifico o parascientifico. La postmodernità, invece, è la negazione del concetto stesso di “certezza”: non più un ordine valoriale né un centro a cui far riferimento, la prospettiva deve essere policentrica e complessa. Non a caso, oggi, si parla molto di teoria della complessità. Ma attenzione. Questa diversità tra modernità e postmodernità è solo a livello d’identità filosofica, infatti vi è comunque una pretesa comune che le fonda così come comuni sono gli ostacoli che si vorrebbero rimuovere. Tutte e due (modernità e postmodernità) si basano sull’intenzione di rendere l’uomo fondamento di tutto, di liberarlo da qualsiasi vincolo dell’autorità: Dio, prima; la scienza galileiana con i suoi princìpi immutabili, dopo. Tra gli ostacoli da rimuovere tanto nella modernità quanto nella postmodernità ... |
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Antonio da Padova è certamente uno dei santi più popolari tra il popolo cristiano. Fernando Martins, questo è il suo vero nome di battesimo, nasce a Lisbona nel 1195. tuttavia l’Italia e Padova sono così legati al suo ministero che si deve considerare italiano e padovano di adozione. Appartenne prima all’ordine dei canonici regolari della Santa Croce di Coimbra che osservavano la regola agostiniana e poi passò all’rdine francescano e fu in contatto con il poverello d’assisi che lo incaricò della formazione teologica dei frati. Fu un grande taumaturgo ed un grande predicatore. Ecco il programma della manifestazione che si terrà presso la parrocchia di Santa Maria La Nova a Campagna: MERCOLEDÌ DELLE CENERI 17 FEBBRAIO 2010 (DIGIUNO ED ASTINENZA) Ore 18.00: Accoglienza Solenne delle Insigni Reliquie del Santo presso la piazzetta San Michele Arcangelo (Località Santa Maria la Nova) alla presenza delle Autorità Civili e Militari; i Gruppi Parrocchiali; le Associazioni Ecclesiali ... |
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Prima parte: Il Dio dell’Islam La gente è convinta che Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo derivino dall’unico Patriarca Abramo, al quale Dio ha affidato la promessa attraverso i due figli: Isacco, figlio della moglie Sara, e Ismaele, figlio della schiava Agar, perché a entrambi Dio avrebbe dato la sua benedizione facendoli capi di numerose Nazioni. In realtà le benedizioni sono molteplici e per varie circostanze, ma quella messianica è una sola, per una sola persona, un “eletto”, “l’Unto” del Signore, e Dio l’ha data solo ad Abramo il quale l’ha trasmessa solo a Isacco, per comando di Dio, il quale l’ha trasmessa al figlio Giacobbe, sempre per volere di Dio, e non a Esaù, nonostante fosse il primogenito. Lo stesso Giacobbe poi, trasmise la benedizione messianica a uno solo dei suoi dodici figli, non al primogenito Rubens, e neppure al prediletto Giuseppe, che portò il popolo in Egitto, ma solo a Giuda, per ispirazione diretta di Dio, perché si adempisse la Scrittura secondo cui da quella precisa discendenza sarebbe venuto il Re Davide e poi Gesù Cristo. ... |
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Insomma quando il gioco si fa duro ognuno spara a destra e a manca senza badare troppo a chi colpisce, quel che conta è fare muovere le pedine in un senso o nell’altro, se poi ci va di mezzo un giovane, risulterà una sofferenza accettabile. ffettivamente non sempre accade che chi fa uso di sostanze sia destinato a rovinarsi, a morire, a uccidere, non sempre la vita diventa un vicolo cieco. Alle mie obiezioni sulla legalizzazione qualcuno risponde così: non sempre, solo qualche volta, c’è il ferito, il morto, il botto e il silenzio. orse bisognerebbe farci i conti con quel ”qualche volta”, con quelle vite dimezzate, azzoppate, disperate, annullate, scomparse, per una svista, non certamente causata da un eccesso di zuccheri. ossiamo metterla giù come meglio crediamo e vogliamo, ma legalizzare non toglierà mercato alle mafie, non farà diminuire le utenze, la pratica del minor danno-sballo non risulterà politica risolutrice. iò che domani sarà mercato istituzionale, consegnerà percentuali importanti di principi attivi, guadagni e sfruttamento dei più deboli e fragili, a un altro mercato parallelo, ben più efficace e provvisto di alternative comode, a pronta consegna. ... |
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«Dell'uomo si può fare quel che si vuole! Io voglio che nel pensare e nel reagire le masse russe seguano uno schema comunista!». Con queste parole, pronunciate poco dopo il colpo di mano del 25 ottobre 1917, Vladimir Il'ic Ul'janov - in arte Lenin - si rivolgeva al fisiologo russo Ivan Pavlov per chiedergli se il suo lavoro di scienziato sui riflessi condizionati del cervello potesse aiutare il Partito a «controllare il comportamento umano». Ed è esattamente questa, al di là delle contingenze e dei diversivi tattici del momento, la posta in gioco che lahýbris leninista bramava fin dall'inizio: «raddrizzare il legno storto dell'umanità». Raddrizzarlo nel senso voluto da Lenin (ossia: «Costringeremo il genere umano a essere felice, costi quel che costi!»). Da questo punto di vista l'opera di Sergej Mel'gunov che viene presentata al pubblico italiano dopo quasi novant'anni dalla sua apparizione in lingua russa a Berlino - opera che va letta al tempo stesso come rigetto morale e messa in guardia ... |
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