GLI INCREDULI DELLE STIMMATE DI PADRE PIO Di don Marcello Stanzione
Scritto da Amministratore   
sabato 02 dicembre 2023

GLI INCREDULI DELLE STIMMATE DI PADRE PIONon tutti credevano che le stimmate di p. Pio fossero un dono proveniente dal Signore e molti furono i tentativi di smascherarne la malizia o addirittura, per alcuni, la suggestione diabolica. Tra questi ricordiamo il padre Agostino Gemelli, uno dei più fervidi oppositori all’autenticità delle stimmate del frate. Il 17 aprile 1920 egli piombò a S. Giovanni Rotondo e da subito fu animato da forti pregiudizi sia verso alcuni fenomeni straordinari sia anche nei confronti di questo suo confratello. ...

 
Cercò subito di far pressioni direttamente e indirettamente su p. Benedetto Nardella, affinché gli permettesse di “osservare” p. Pio. Ovviamente, non avendo nessun permesso da parte dei superiori di Roma, ciò non gli fu possibile, se non per un incontro fugace durato solo pochi minuti in sacrestia. A padre Gemelli basteranno questi pochi minuti per poter stilare una relazione molto severa su p. Pio e indirizzarla  in seguito al Sant’Uffizio. La relazione si esprimeva in questo modo:

«Introdottomi a conversare con lui, senza che egli se ne avvedesse, con innocente artificio, lo sottoposi ad un interrogatorio psichiatrico; non vi sono segni di quelle malattie mentali a contenuto religioso che si potrebbero addurre in campo, ma Padre Pio non presenta nessuno degli elementi caratteristici della vita mistica. Sembra piuttosto un uomo a ristretto campo della coscienza, abbassamento della tensione psichica, ideazione motoria abulia. Nel convento si è formato attorno a Padre Pio una atmosfera di suggestione nella quale vengono attratti molti di coloro che vi arrivano… Ha contribuito a quest’opera di suggestione con attività tenace e da lungo tempo esercitata, un padre appartenente alla stessa provincia, il Padre Benedetto Nardella, ex provinciale, che fu l’educatore, il consigliere e il protettore dello stesso Padre Pio e che è oggi colui che racconta fatti straordinari che meriterebbero di essere sottoposti a controllo. Di tutto l’insieme al sottoscritto sembra che si tratti di un caso di suggestione inconsciamente prodotto dal Padre Benedetto in un soggetto malato come è Padre Pio e che ha condotto a quelle caratteristiche manifestazioni di psittacismo che sono proprie della struttura isterica. È assolutamente necessario togliere per alquanto tempo il Padre Pio dall’ambiente in cui è».

Con molta probabilità questa relazione, aggiunta alle tante voci che continuavano ad arrivare a Roma sul conto di Padre Pio, fece in modo che le autorità prendessero la decisione di inviare un visitatore apostolico, con l’intento di far luce sulla vicenda del frate stimmatizzato. La persona scelta dal Sant’uffizio per tale compito e che lo porterà sul Gargano dal 14 al 20 giugno 1921, fu mons. Raffaello Carlo Rossi. La sua indagine, senza pregiudizi, ferma e serena lo portò ad avere una valutazione finale positivo su p. Pio, giudizio che vorrei riportare nelle sue parti salienti:

«Le stimmate del frate sono non solo reali, ma si manifestano in una personalità equilibrata sia dal punto di vista psicologico che spirituale. […] P. Pio è sempre stato un ottimo religioso: lo proclamano tutti ad una voce, sacerdoti e confratelli. […] È esemplare, esercitato nella pratica delle virtù, dato alla pietà ed elevato forse nei gradi di orazione più di quello che non sembri all’esterno, risplendente in particolar modo per una sentita umiltà e per una singolare semplicità che non sono mai venute meno neppure nei momenti più gravi nei quali queste virtù furono messe per lui a prova veramente grave e pericolosa».

Sempre a proposito delle stimmate scriveva ancora:

«Quello che sicuramente mi pare possa oggi asserirsi, ricapitolando, è che le stimmate in questione ed esame non sono ne opera del demonio, se un grossolano inganno, una frode, un’arte di un malizioso o un malvagio. E questo, se non erro, può esser sufficiente per rassicurare la Suprema Autorità ecclesiale davanti al “caso” P. Pio da Pietrelcina. Vorrei aggiungere che le “stimmate” di lui non mi sembrano nemmeno un morboso prodotto di suggestione esterna, per quanto la prudenza possa suggerire qualche misura di osservazione e di precauzione». Suddetta relazione sarà, successivamente, esposta direttamente dallo stesso mons. Raffaello Carlo Rossi al S. Uffizio nel gennaio del 1922. Da quanto è emerso dalla relazione, tutto fa supporre ad una benevola accoglienza da parte del tribunale ecclesiastico, che suggerì di muoversi con rigore e riservatezza. Da quel momento iniziò per il padre stimmatizzato un periodo, di oltre dieci anni, fatto di continue proibizioni e restrizioni. Di questo periodo, molto doloroso non solo per il padre ma anche per il convento, i figli spirituali e tutti pellegrini che giungevano alle porte del convento, p. Pio ha conservato sempre una spiccata serenità, vissuta nell’umiltà, nell’abbandono a Dio e soprattutto nel rispetto dei superiori del convento e di quelli romani, nei quali vedeva la manifestazione della divina volontà.

Da qui in avanti vi sarà una serie di decisioni molto forti prese da parte di Roma per tenere a freno una realtà che irrefrenabilmente cresceva sempre più attorno al frate di san Giovanni Rotondo. Le valutazioni di queste disposizioni ecclesiastiche dividono i fedeli  tra coloro che con difficoltà riescono a vedere una chiesa-madre in questo contesto e coloro che con fede vedono nell’intervento del S. Uffizio un tentativo di salvaguardare la vita del frate investito da moltissimi doni soprannaturali. Ciò che è certo ed edificante rimane il fatto che, nonostante tutto e malgrado la chiusura da parte di alcuni alti ecclesiastici verso l’opera che il Signore faceva sorgere intorno a padre Pio, egli è rimasto al suo posto, ha pregato, si è abbandonato totalmente a Dio, che dopo averlo provato col fuoco, lo ha riconsegnato alla gente ancora più traboccante e brillante della divina presenza.