Serafini, Cherubini e Troni |
Nella classifica elaborata dallo Pseudo-Dionigi e ripresa dalla Tradizione, i Serafini occupano il primo posto al vertice della gerarchia. Il loro nome significa brucianti, ardenti (dall'ebraico sarâph, bruciare, consumare), ma altre spiegazioni sono state avanzate. Poco importa. Essi non sono citati e descritti che da Isaia: L'anno della morte del re Ozia, io vidi il Signore seduto su di un trono alto ed elevato, e gli orli del suo mantello riempivano il Tempio. Dei serafini stavano al di sopra di lui; ognuno aveva sei ali, con due di coprivano il volto, con due si coprivano i piedi, e con due volavano. L'uno gridava all'altro e diceva: "Santo, santo, santo è Yahvé degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria". Le fondamenta della soglia vacillarono alla voce di colui che gridava, e la Casa si riempì di fumo (Is 6, 1-4). Visione grandiosa sottolineante la maestà del Dio tre volte santo, visione terribile che riempì il profeta di timore, fino a che uno degli spiriti celesti, avendogli toccato le labbra con un tizzone ardente, lo abbia purificato in vista della missione che Dio vuole confidargli. In tutti i primi anni del XVII secolo, fu dato ad un'umile fratello converso francescano di contemplare una scena altrettanto impressionante. Discepolo del riformatore spagnolo Pietro d'Alcantara, fra JUNIPERO DE CASTANJAL aveva, se si può dire. Abituato il suo vicinato alle singolarità della sua esistenza: frequenti estasi, penitenze spaventose, carismi eclatanti, miracoli disseminati a profusione. I monaci credevano di aver visto tutto, ma rischiarono di trovarsi male quando, allorché fra Junipero serviva la messa conventuale a Priego, fu subito sollevato dal suolo, aureolato di luce, con gli occhi scintillanti, gridando con voce forte: O amore, amore divino! Io vedo le porte del cielo aprirsi e l'Onnipotente che siede sul suo trono di luce, col Figlio e lo Spirito Santo. I serafini, in piedi davanti a lui sui gradini d'avorio, si velano il volto con le loro ali di fuoco, e le Dominazioni sono prosternate ai suoi piedi, nel mentre che risuona ai miei orecchi il celebre concerto: "Santo, Santo, Santo, il Signore Dio! Tutto l'universo è pieno della sua gloria". Se la contemplazione estatica del canto del Trisaghion impressionò duramente la comunità, essa ebbe anche ragione della salute del vecchio frate che, alcune settimane più tardi (il 4 agosto 1603), morì in un'ultima estasi, ancora tutto penetrato dagli splendori che aveva intravisti. Introdotta nel 1629, la causa di beatificazione di fra Junipero non ha avuto seguito. Le manifestazioni di Serafini ai mistici sembrano essere le più frequenti dopo quelle degli angeli custodi. La terziaria francescana Margherita da Cortona conobbe sovente questa grazia: La notte che precedeva la festa di Santa Chiara, la Beata, trovandosi in preghiera, vide apparire un Angelo con sei grandi ali, che si degnò di benedirla e di eccitare in lei i sentimenti dell'amore più puro nei riguardi del suo Sposo celeste. L'abbondanza di questa consolazione fu così grande, che il suo cuore ne fu inondato, e che apparve sui tratti del suo volto. Ella non poté contenere la sua gioia durante tutta quella notte; poiché quell'Angelo la visitò diverse volte. Ella ne risentì un tale ardore nel suo cuore, che era tutta fiamma per amare il suo Dio, con lo stesso fervore con cui è amato dai Serafini in cielo. La visione si rinnovò qualche tempo dopo: La seconda Domenica d'Avvento, un po' prima dell'aurora, nel mentre che ella pregava il Signore secondo la sua abitudine, fu visitata da un Angelo il cui volto era infiammato, e che aveva anche sei ali ammirevolmente disposte (...). Ma, nel mentre che i suoi occhi non potevano saziarsi di quella sublime visione, perché la sua anima era infiammata dagli ardori di quel Serafino, ecco che le forze le mancarono. Il suo spirito fu rapito nella contemplazione, ed ella fu sostenuta per molto tempo nelle braccia delle donne accorse, tutta priva di senso, assorta e trasformata in Dio. L'angelo custode di Margherita le spiegò il significato di quei favori soprannaturali: "L'angelo dell'ordine dei Serafini che è disceso verso di te ti ha lasciato il fuoco dell'amore e dell'alta conoscenza di Dio". Tali trasporti d'amore hanno talvolta delle conseguenze inattese. La reclusa MARIA D'OIGNIES (+ 1213) vide apparirle un serafino "bruciante d'amore" che le mostrò il Cristo sofferente: perduta d'amore e di dolore, in preda ad una vera ebbrezza mistica, la ragazza in estasi prese un coltello e se ne colpì il petto, infliggendosi una ferita paragonabile alla piaga causata dalla lancia sul costato del suo Benamato, al quale ella voleva essere conformata! Felicemente, i Serafini sono meno pericolosi d'abitudine, e questo incidente è un caso estremo. Nelle sue estasi quotidiane accompagnate da levitazioni spettacolari, Madre MARIA DI GESÚ DU BOURG (1788-1862) contemplava sovente lo splendore dei Serafini, che un giorno prima della sua morte la fecero esclamare davanti alla comunità stupefatta: O Serafini, carissimi fratelli miei, come siete felici! Io non dico di essere nella gloria, ma di essere unita all'Amore. O miei benamati, quando dunque canteremo insieme il Signore? Spiriti infiammai dell'amore di Dio, che si comunica direttamente ad essi affinché lo effondano sugli altri cori angelici ed in mezzo agli uomini, i serafini sono talvolta associati al mistero d'amore che è la stigmatizzazione, e questo fin da San Francesco d'Assisi. La visione del mese di settembre 1224, riportata da San Bonaventura, è ben nota: Francesco, il servo ed il ministro fedele di Gesù Cristo, era in preghiera sul Verna, elevandosi a Dio col fervore serafico dei suoi desideri e trasformandosi coi movimenti d'una tenera ed amante compassione in colui che, per eccesso della sua carità, ha voluto essere crocifisso per noi. Egli vide come un serafino, avente sei ali splendide e tutte di fuoco, che, discendendo verso di lui dall'alto del cielo, venne con un volo molto rapido presso di lui. Allora apparve tra le sue ali la figura di un uomo crocifisso che aveva le mani ed i piedi distesi, attaccati ad una croce: due ali si levavano sulla sua testa, due erano distese per volare, due gli velavano tutto il corpo. Quando la visione disparve e che egli ritornò in se stesso, il Poverello porta nella sua carne i segni della crocifissione del Salvatore: Scomparendo la visione infiammò dal di dentro l'anima di Francesco di ardore serafico e segnò la sua carne al di fuori con l'effigie del Crocifisso, come se all'azione di fuoco che aveva liquefatto il suo cuore e lo avesse così predisposto, fosse succeduta l'impressione sigillandolo ad immagine del Cristo in croce. Poiché subito i segni dei chiodi cominciarono a comparire nelle sue mani e nei suoi piedi, tali come egli li aveva veduti nell'immagine dell'Uomo-Dio crocifisso. Il 10 settembre 1602, la mistica spagnola MARINA DE ESCOBAR riceve le stigmate esattamente allo stesso modo: la visione del Serafino realizza la trasformazione dell'amore poi, scomparendo, lascia le piaghe impresse nella carne della pia donna. Un anno prima, due angeli ve l'hanno preparata toccandole le mani coi chiodi della Passione di Gesù, il che le ha causato un dolore indicibile. Più recentemente, SPERANZA GONZALEZ PUIG sperimenta dalla mano di un Serafino la grazia della transverberazione del cuore: Io mi vidi circondata da angeli e posta in mezzo a numerosi serafini e, come stavo così, notai uno di essi che, sotto la sembianza di un meraviglioso fanciullo, si accostava a me. Non vedevo quello che aveva in mano, ma quando diresse la sua mano verso il mio cuore, sentii una ferita penetrante, come se lo avesse traforato con un dardo di fuoco. Sentendomi morire, caddi a terra, come morta. Associati alle operazioni dell'amore divino nell'anima dei mistici, i Serafini non disdegnano pertanto di compiere altre missioni. Nel 1653, due Serafini intervengono presso la venerabile MARIA DE JESUS D'AGREDA (1602-1665) per incitarla a riprendere il suo lavoro di redazione della Mistica Città di Dio. la povera monaca è alla sua seconda stesura, essendo stata confiscata la prima versione e gettata nel fuoco da un confessore poco incline ad accordare qualche credito a quello che egli considera come sogni di donna. San Michele stesso aveva pertanto preso sotto la sua protezione - reputata così potente - il lavoro di Sor Maria. Ma il confessore è stato più forte dell'arcangelo. L'8 dicembre 1655, Cristo appare alla religiosa in compagnia di due robusti aitanti vestiti di luce, ch'egli presenta come degli spiriti del coro dei Serafini: essi la assisteranno. Ella si scusa, finisce col cedere, un po' per bassezza, molto per timore: gli angeli non hanno l'aria di voler scherzare. Ella si siede al suo scrittoio ed il diavolo, che non aspettava che quell'istante, si leva subito per rovesciare il calamaio, strappare la carta, gettare attraverso la cella il modesto mobilio. Pazientemente, la religiosa raccoglie i pezzi, rimette ordine nella stanza, prosegue il suo lavoro. Come il demonio fa finta di accostarsi, i Serafini s'interpongono e con uno sguardo lo insolentiscono. Infine, laboriosamente, Sor Maria perviene a menare a termine il lavoro di scrittura che le è stato richiesto da Gesù in onore della sua Santa Madre: ella vi si è posta due volte. Il manoscritto deposto in luogo sicuro da un nuovo confessore più illuminato del precedente, i Serafini prendono congedo dalla santa monaca, con la stessa cortesia che essi le hanno sempre manifestata. Nel 1813, MARIA CATERINA RUEL non pensa che a divertirsi. Ella ha quattordici anni, la Francia viene dall'essere liberata dalla tirannia di Napoleone e la molto monarchica città di Marsiglia, già incline a divertirsi alla minima occasione, si stordisce nelle feste ed i balli popolari. Maria Caterina non è comunque meno pia, ed un giorno va a confessarsi: sicuramente, ella non si attendeva la rampogna che le rivolge il sacerdote. Cosa, quelle risa, quelle danze innocenti sarebbero dei peccati, la trascinerebbero verso un male più grande? Ella non può crederlo. Come ella compie la sua penitenza, si sente venir meno: davanti a lei, l'inferno si è aperto, lo spazio di un lampo, ma così impressionante ch'ella crede essere giunta la sua ultima ora. Appena la visione si è cancellata, l'adolescente vede vicino a lei un personaggio maestoso: egli si presenta - è un Serafino e si chiama Spirito di Dio, Provvidenza di Dio - e l'informa che starà oramai in permanenza ai suoi fianchi. Ella lo vedrà in ogni istante. Il Serafino, che si chiama sua Guida, intraprende la sua educazione. Per degli anni, egli si applica ad inculcarle i tre amori che ella deve coltivare nel suo cuore: l'amore pratico della purezza verginale, l'amore disinteressato della volontà di Dio, l'amore costante ed effettivo delle croci e delle sofferenze. Convertita dalla sua mondanità, Maria Caterina cerca la sua strada: ella è dapprima istitutrice, poi sarta a domicilio, ed il Serafino le suggerisce di insegnare ai bambini poveri. Poi la chiama a riunire intorno a lei una comunità di pie ragazze. Nel 1822, le annuncia la visita della Vergine Maria che, al momento di un'apparizione, le mostra un convento riparante una congregazione ch'ella dovrà porre sotto il termine dei Santi Nomi di Gesù e Maria: ella sarà dunque fondatrice. Siccome lei esita, il Serafino la conduce presso padre Eugenio di Mazenod, nipote del vescovo di Marsiglia, che viene dall'istituire a Aix-en-Provence gli Oblati di Maria Immacolata. Il sacerdote incoraggia la ragazza e la invita a stabilire la sua casa madre a Marsiglia. Fondata nel 1823, la congregazione è approvata definitivamente nel 1828. la nuova famiglia religiosa si pone sotto la protezione del Serafino che continua ad assistere visibilmente Maria Caterina, diventata Madre Sant'Agostino, e che l'accompagna nel suo cammino interiore: egli sarà presente al momento del suo matrimonio mistico, la sosterrà quando riceverà le stigmate, la illuminerà nel governo delle sue religiose, la protegger quando il demonio si accanirà contro di lei. Non la lascerà, compiuta la sua missione, che al momento della sua morte, alla quale egli l'avrà preparata, il 26 luglio 1874. Dei Cherubini, il beato Giovanni Ruysbroeck l'Ammirevole scrisse nel XIV secolo, nel Libro del regno degli amanti di Dio: Poiché essi hanno la rassomiglianza con Dio, essi non mancano mai in virtù, e non fanno difetto a nessuno; ma al di sopra di questa rassomiglianza, essi contemplano senza interruzione, poiché possiedono l'unione. L'iconografia medievale li rappresenta vestiti di blu, od anche tutti blu - ali, abito, volto e mani -, come ella mostra i serafini tutti rossi, tali come dei carboni ardenti. Ma è sotto la forma di adolescenti vestiti di bianco, con delle ali d'oro, che appaiono alla beata CAMILLA BATTISTA VARANO (1458-1524), clarissa di Camerino, svelando per lei le astuzie del demonio, difendendola con le loro spade di fuoco contro gli assalti diabolici, consolandola quando ella è lasciata mezza morta sul quadrato della sua cella, tanto essi l'hanno molestata. Coi Serafini, essi intervengono presso di lei ugualmente per realizzare nell'anima sua le misteriose operazioni dell'amore unitivo: Due angeli vennero a me, vestiti di quell'abito d'un bianco splendente che avevo visto prima portato dal benedetto Gesù. Essi avevano della li d'oro. Uno di essi prese l'anima mia dal lato destro, l'altro, dal lato sinistro, e, innalzandomi nell'aria, mi deposero ai dolcissimi piedi crocifissi del Figlio di Dio fatto uomo. Essi mi tennero così per più di due mesi, quasi continuamente. Mi sembrava camminare, parlare e far quello che volevo, priva dell'anima mia. questa era là dove essi la tenevano quei due angeli, che mai la lasciarono. Alla fine di quest'esperienza, la santa clarissa è istruita da quegli spiriti celesti: Essi mi dichiararono che erano così intimi con Dio, che Dio non stava né poteva stare senza di essi, né essi senza Dio. Mi spiegarono come essi, i serafini, erano così uniti ai cherubini, ed i cherubini così uniti ai serafini, che gli uni non potevano mai andare senza gli altri verso l'anima. Ed essi dissero: "E' ben vero che, in tale anima, i cherubini esercitano la sovranità, ed in talaltra, sono i serafini. Ma nell'anima tua, noi, serafini, esercitiamo la sovranità, così tu risenti più fuoco che luce". Nondimeno, così ella lo comprende subito, sono un Serafino ed un Cherubino che sono intervenuti: Tale era la verità poiché, benché la luce che ho detto precedentemente ricevuta, sia stata grande ed incomprensibile, io ebbi nondimeno tre volte più fuoco che luce. Così io credo, ora, che quei due angeli che mi tennero così lungamente ai piedi della Croce erano un cherubino ed un serafino. Misteriose creature presso Ezechiele, adolescenti d'una rara bellezza presso Camilla Battista Varano, i Cherubini - quale che sia la forma che rivestono - sembrano dover intervenire nei momenti più importanti della vita interiore dei loro protetti, il che spiega l'attitudine austera che vede loro Mechtild Thaller: I Cherubini sono le spade di Dio. essi sono rivestiti di pura e scintillante luce; il loro volto è serio; esso offre una certa rassomiglianza con quello di San Michele. Sono cinti di fuoco; la loro destra tiene una spada di fuoco. La loro corona è fatta di raggi di sole. Per seri che siano, i Cherubini (ed i Serafini) possono mostrarsi sotto l'aspetto di bambini, come lo riporta Santa TERESA D'AVILA (1515-1582) quando lei riporta la transverberazione del suo cuore: Vedevo vicino a me, dal lato sinistro, un angelo sotto forma corporale. E' molto raro che io veda gli angeli così (...). Nella visione presente, il Signore ha voluto mostrarmi l'angelo sotto questa forma. Egli non era grande, ma piccolo ed estremamente bello; dal suo volto infiammato, egli pareva essere più alto in mezzo a quelli che sembrano tutti infiammati d'amore. Sono apparentemente quelli che si chiamano Cherubini, poiché non mi dicono i loro nomi. Ma vi è in cielo, lo vedo chiaramente, una sì grande differenza da alcuni angeli ad altri, e da questi a quelli, che non saprei esprimerlo. Io vedevo dunque l'angelo che teneva in mano un lungo dardo d'oro, la cui estremità di ferro recava, credo, un po' di fuoco. Mi sembrava che lo immergesse attraverso il mio cuore e lo infilava fino alle viscere. E ritirandolo, si sarebbe detto che quel ferro le portasse con esso e mi lasciasse interamente infiammata da un immenso amore di Dio. il dolore era così vivo che mi faceva lanciare quei gemiti di cui ho parlato. Ma la soavità causata da quel tormento incomparabile è così eccessiva che l'anima non può desiderarne la fine, né accontentarsi di nulla al di fuori di Dio. non è una sofferenza corporale; è spirituale. Il corpo ciò nonostante non smette di parteciparvi un poco, ed anche molto. E' uno scambio d'amore così soave tra Dio e l'anima, che io supplico il Signore di degnarsi nella sua bontà di favorirne quelli che non prestassero fede alla mia parola. I giorni che duravano questo favore, io ero come fuori di me. Avrei voluto non veder nulla e non parlare affatto, ma assaporare il mio tormento; poiché esso era per me una gloria al di sopra di tutte le glorie di quaggiù. L'impressionante "personaggio celeste" - non un fanciullo, sicuramente - che, il 5 agosto 1918, operò la transverberazione di Padre Pio, era un Cherubino? Il santo cappuccino non lo precisa: Sentivo i nostri ragazzi in confessione nella serata del 5, quando, di colpo, fui pieno d'un estremo terrore alla vista di un personaggio celeste che si presentò alla vista della mia intelligenza. Egli aveva in mano una specie di strumento, simile ad una lunghissima lama di ferro dalla punta ben affilata, e pareva che del fuoco uscisse da quella punta. Vedere tutto ciò ed osservare quel personaggio lanciante con tutte le sue forze quella lancia nell'anima mia, fu una sola e stessa cosa. Con grande pena emisi un lamento, mi sentii morire. Dissi al ragazzo (che confessavo) di ritirarsi, poiché stavo male e non sentivo più la forza di continuare. Quel martirio durò, senza interruzione, fino al mattino del 7. quello che soffrii durante quel periodo così doloroso, non saprei descriverlo. Non smettevo di vedere le mie viscere strappate e tratte fuori di me da quello strumento, e tutto era messo a ferro e fuoco. Da quel giorno, io sono stato ferito a morte. Sento nel più intimo dell'anima mia una piaga sempre aperta, che non smette di farmi languire. Angeli d'un ordine molto elevato, i Cherubini non si allontanano affatto dalla maestà del loro rango, riflesso della maestà del Dio sovrano e segno dell'importanza delle missioni che essi compiono presso gli uomini. Gli spiriti chiamati Troni sono anch'essi descritti da Ezechiele nella sua grandiosa visione della gloria del Dio di maestà: Io guardavo i Viventi, ed ecco che vi era una ruota per terra, a lato di tutti e quattro i Viventi. L'aspetto delle ruote era come uno scintillio di crisolito. I quattro avevano la stessa forma, e la loro struttura era come se una ruota era in mezzo ad un'altra ruota. Sui loro quattro fianchi, quando esse avanzavano, esse avanzavano; esse avevano dei raggi; io guardavo, ed ecco che i loro raggi erano pieni di occhi tutt'intorno ai quattro. Quando avanzavano i Viventi, avanzavano anche le ruote ai loro lati, e quando si elevavano i Viventi dal di sopra della terra, si elevavano (anche) le ruote. Là dove lo spirito voleva andare, esse andavano, e le ruote si elevavano allo stesso tempo di essi; poiché lo spirito del Vivente era nelle ruote. Quando ei avanzavano, esse avanzavano; quando essi si fermavano, esse si fermavano; quando si elevavano al di sopra della terra, si elevavano le ruote allo stesso tempo di essi, poiché lo spirito del Vivente era nelle ruote (Ez 1, 15-21). Strettamente uniti ai Viventi - che Ezechiele identificherà più tardi come dei Cherubini (Ez 10, 1) -, i Troni stanno contemporaneamente ai piedi di questi ed al di sopra di essi: Al di sopra della testa dei Viventi era una specie di piattaforma dallo scintillio come di cristallo, tesa sulla loro testa, al di sopra. Sotto la piattaforma, le loro ali erano dritte l'una contro l'altra; essi ne avevano (anche) ognuno due che coprivano il loro corpo. Sentii il rumore delle loro ali che era, quand'essi avanzavano, come il rumore delle grandi acque, come la voce di Chaddai, un rumore tumultuoso come il rumore d'un campo. Quando si fermavano, lasciavano ricadere le loro ali. Vi era del rumore al di sopra della piattaforma che era sulla loro testa (Ez 1, 22-25). La complessità di quella visione in tre dimensioni, nella quale sono urtate le leggi dello spazio e della prospettiva - gli spiriti celesti sono al di là dello spazio, come sono al di là del tempo - mira contemporaneamente a mostrare il carattere misterioso di quello che contempla il profeta e la straordinaria armonia del mondo angelico intorno a Dio, dove tutti gli spiriti celesti (l'esercito dei cieli) agiscono in una perfetta sintonia. Se i Serafini sono fuoco, ed i Cherubini, luce, i Troni sono movimento e stabilità. La loro prima missione consiste nell'esaltare la Maestà divina: Al di sopra della piattaforma che era sulla loro testa, vi era come un aspetto di pietra di zaffiro, una forma di trono, e su quella forma di trono una forma come un aspetto d'uomo, al di sopra, verso l'alto. Io vidi come uno scintillio di vermiglio dacché mi comparivamo i suoi reni fino in alto; e dacché mi parevano i suoi reni fino in basso, vidi come un aspetto di fuoco ed uno splendore tutto intorno a lui. Tale l'aspetto dell'arco che è nella nube un giorno di pioggia, tale l'aspetto dello splendore tutt'intorno. Questo era l'aspetto della forma della gloria di Yahvé! (Ez 1, 26-28). In cima alla sontuosa visione sta l'indicibile, la gloria di Dio. Per sensibili che abbiano potuto essere i mistici allo splendore di questa descrizione, essi hanno trattato dei Troni in maniera molto più sobria. La beata Angela da Foligno ebbe una volta una visione di questo coro di angeli: Io vidi come Gesù Cristo viene con un esercito di angeli, e la magnificenza della sua scorta si lasciò assaporare dall'anima mia con un immenso diletto. Mi meravigliai un attimo nell'aver potuto prendere piacere nel guardare degli angeli. Poiché normalmente tutta la mia gioia è condensata solo in Gesù Cristo. Ma ben presto scorsi nell'anima mia due gioie perfettamente distinte: l'una veniente da Dio, l'altra veniente dagli angeli, ed esse non si rassomigliavano. Ammirai la magnificenza con cui il Signore era circondato. Io chiedevo il nome di quelli che vedevo. "Sono i Troni", disse la voce. Angela è impressionata dallo splendore di quell'esercito celeste, che circonda di gloria il Verbo Incarnato. Ella non descrive quegli spiriti celesti, non più di Giovanni Ruysbroeck che fa anche allusione alla gloria di Dio quando li contempla: Quel chiarore immenso, è l'immagine del Padre, secondo la quale noi siamo stati creati, e possiamo essergli uniti in più alta dignità dei Troni se, al di sopra della gioia che fa svenire, noi contempliamo il volto glorioso del Padre, ossia la natura mobilissima della divinità. L'orsolina MARIA DELL'INCARNAZIONE (1599-1672) non cerca maggiormente di descrivere quegli spiriti; ella si sforza, a partire dalla sua esperienza, di definire la loro missione presso i fedeli: E poi, giungendo ai troni, nei quali Dio abita, avendoli creati come dei vasi puri per la sua divina maestà, io vedevo che essi sono in Dio e Dio in essi, la sua misericordia versa loro la sua purezza ed essi le rinviano la stessa purezza, il che fa un dolce commercio tra quel Dio di purezza e quei beati amanti. "Ah! Troni puri, dicevo loro, che partecipate con la vostra purezza alla purezza di quel Dio, fate che la mia memoria, epurata da tutti gli oggetti che sono inferiori a lui, venga a contenere quell'oceano d'amore che non vuole che non vuole che vasi puri, e che, senza esitare, io vengo dall'essere unita a lui, e gettata in quell'abisso che non è che purezza". Il ritratto dei Troni che traccia Mechtild Thaller non potrebbe rivaleggiare con queste elevazioni spirituali: Tali come dei re, gli angeli di questo coro sono seduti su dei troni. Essi recano un abito dorato, un mantello brillante; la loro corona chiusa è d'uno splendore sorpassante tutto quello che si può immaginare. Il loro volto è pieno di nobiltà e d'una maestà che non è di questo mondo. Uno scettro è ai loro piedi. Essi hanno le mani incrociate sul petto; un anello d'oro brilla alla loro mano destra. Il loro sguardo rivolto verso il cielo è, malgrado il loro aspetto maestoso, pieno della più profonda umiltà, del più ardente fervore. Pertanto, per immaginarie che siano le visioni di questa mistica, esse non devono farci perdere di vista il progetto pedagogico ch'esse nascondono: la stigmatizzata tedesca è, per le anime semplici, una buona guida nella devozione ai santi angeli, dal momento ch'ella non si ferma per vana curiosità al solo aspetto descrittivo delle sue rivelazioni. Si può dirne altrettanto delle effusioni che il domenicano SIMONE DA CASCINA (+ 1420) fa sgorgare dalle labbra della sua monachetta, nel Colloquio spirituale composto verso il 1380? O Serafini ignei, cinti di rose rosse e di corolle di fuoco, Commentando questo passo, un autore contemporaneo annota: "Si ha troppo sovente l'impressione di assistere ad una specie di deriva mistica, esasperata dalle ricerche del linguaggio, a discapito d'un sentimento religioso che non lascia nondimeno di essere sempre presente". Sicuramente, l'epoca - la fine del Medio Evo - si presta ad una devozione sensibile, molto immaginata. Ma questa si radica nel dato della fede e si nutre di riferimenti scritturali conferendo a questa deriva mistica una reale profondità che non sorpassa in nulla la freschezza del linguaggio. "Enciclopedia dei fenomeni straordinati" di Joachim Bouflet - Tradotto da Alfonso Giusti (Segretario Generale della M.S.M.A.) |
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